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Donne partigiane

DONNEPARTIGIANERepubblica

Luisa Landoni, su Repubblica, parla di Barrio’s:

“Un murales alto dieci metri per ricordare l’impegno femminile nella Seconda guerra mondiale, troppo spesso dimenticato: il piazzale di fronte al centro sociale Barrio’s, all’incrocio tra via Boffalora e via Barona a Milano, è diventato il primo spazio in Italia dedicato alle donne partigiane. E propria una di loro è l’assoluta protagonista della monumentale opera realizzata da quattro writer: Frode, Manu Invisible, Ivan e Tawa hanno lavorato per quattro giorni sulla parete per fare il loro regalo al quartiere e all’intera città. “La zona Barona è il cuore della cultura underground milanese e del writing in particolare, probabilmente perché offre molti spazi da dipingere – spiega Frode, uno degli autori – Purtroppo in Italia gli street artist sono ancora visti da molte persone come delinquenti che si divertono a imbrattare gli spazi pubblici. In realtà quella dei graffiti e delle cosiddette tag è solo una fase che tutti noi attraversiamo, in attesa di poterci cimentare con opere come questa”. Il gigantesco murales, finanziato dal Barrio’s e da Comunità Nuova onlus, è stato realizzato d’intesa con la Zona 6 e il Comune di Milano” (Lucia Landoni).

Leggi tutti gli articoli in Barona.

Primo festival della libreria diffusa dell’Isola

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Pomeriggio tra parole e immagini su Le città, la città, il quartiere e le sue trasformazioni attraverso gli occhi di un racconto

 

Che cosa accade quando si incontrano le librerie indipendenti dell’Isola?

Succede che le persone si conoscono e nasce un’idea: Le città. La città, il quartiere e le sue trasformazioni attraverso gli occhi di un racconto.
Succede che i linguaggi che ci appartengono si intrecciano e nasce una proposta che li attraversa tra le parole della letteratura , della musica, dell’architettura e delle arti visive, tra l’illustrazione e la fotografia.
E questo è solo il primo passo di quello che Laura, Pietro, Giulia, Diletta, Chiara e Sara possono inventare insieme!

Vi aspettiamo domenica 26 maggio in piazzale Archinto dalle 17 in poi, con questo programma:

17.00: illustrazioni dal vivo di Haregù: 
tutti i bambini sono invitati a partecipare!

18.00: Incontro a più voci con:
Gianni Biondillo, scrittore
Paolo Cognetti, scrittore
Giorgio Fontana, scrittore
Marco Garofalo, fotografo
Francesco Bianconi, musicista
Fabio Pravettoni, architetto
modera Paolo Maggioni, conduttore di Caterpillar-Radio2

illustra Goran
Haregù e Goran illustreranno le fotografie di Beatrice ArenellaMarco Garofalo e Lorenzo Tricoli.

-20.00: aperitivo in piazza

Isola librilibreria Les MotsMicameralibreria b**k, libreria Stelvio, O’
e in collaborazione con Nurant

 Isola libri, libreria Les Mots, libreria Micamera, libreria b**k, libreria Stelvio, O’

festival 26 maggio (1)

I desideri profondi di una futura mamma

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Negli ultimi anni le  pazienti tra i 35/40 anni, che vedo nel mio studio o in consultorio, mi portano  il problema della maternità, declinato in vari modi dalla paura al desiderio.

Di qualunque disagio soffrano, sentono sempre più il problema dell’orologio biologico, anche se le chance di gravidanze tardive sono aumentate.

La scelta di diventare o meno madre è influenzata anche dalla crisi economica e dalla impossibilità di un lavoro stabile e sicuro: la realtà si sovrappone al discorso delle fantasie profonde.

Oltre alla difficoltà a rimanere incinta –  a cui le nuove tecnologie possono dare un grande aiuto – rimane un problema aperto su quali motivazioni possono portare una donna a desiderare un figlio oppure a schierarsi con le tante donne “ free-child”, che a una maternità biologica preferiscono l’essere creative e “feconde” attraverso l’attività lavorativa.

Insomma il problema  maternità sì/no  rimane un nodo complesso dove aspetti psicologici e simbolici  si intrecciano con aspetti somatici.

La paura del cambiamento fisico o dello stare male durante la gravidanza non è sempre rilevante, il problema di fondo è l’aspetto simbolico: la maternità investe la nostra vita inconscia e il rapporto con nostra madre.

Ho visto vari casi in cui un rapporto conflittuale con la madre portava la paziente a non sentirsi in grado di avere un figlio. Madri troppo idealizzate e ingombranti portano le figlie a un senso di inadeguatezza, di incapacità e di autosvalutazione .

La maternità è un passaggio molto delicato che ricapitola l’intera vita della persona.

Se con la crisi economica la psicoanalisi sempre di più deve fare i conti con il sociale e l’esterno, non deve tuttavia rinunciare a lavorare sugli aspetti fantasmatici e intrapsichici.

Un libro non recente di Silvia Vegetti  Finzi, Il  bambino della notte, ci ha raccontato che il bambino deve essere pensato, sognato, immaginato: compito del nostro lavoro psicoterapico è accompagnare le donne a capire i loro desideri profondi.

Teresa Pallucchini

Per un Natale di libri, di Francesca Bosi Sgorbati

Sapete che i vostri amici amano i gialli ma non sapete quali autori preferiscono? Ecco un regalo carino, di spesa modica, che vi ricorderà sempre a chi lo donate: Sellerio pubblica due belle raccolte di racconti giali degli autori più famosi: Natale in giallo e Capodanno in giallo.
Volete convertire un’amica che ama le storie ma non la Storia? Regalatele Le grandi donne del MedioEvo (Ludovico Gatto) oppure Amanti e Regine (Benedetta Craveri).
Avete un’amica troppo buona che si prende batoste da tutti? Regalatele Le donne più cattive di tutti i tempi (Bruno Todaro) oppure Le 101 donne più malvage della Storia (Stefania Bonura).
C’è ancora una troppo timida tra voi? Magari si divertirà con Cortigiane. Diciotto donne fatali dell’800 (Giuseppe Scaraffia)
Vi piacciono le storie vere di vita vissuta, piene di avventure, amore, viaggi in terre lontane e guerre? Con Le avventure di un povero aristocratico (Léon de Rochechouart) il conte di Montecristo vi sembrerà monotono…
E auguri!

Francesca

Trendy e bellissima, la Rhipsalis aiuta a combattere lo stress

 

Siete alla ricerca di un rimedio naturale contro lo stress? La soluzione si chiama Rhipsalis.

Un recente studio dell’Università del Surrey in Inghilterra dimostra che chi si trova in una stanza adornata di piante è meno stressato e più pronto a svolgere incarichi di responsabilità rispetto a chi lavora in una stanza che ne è priva. Da qui, mettere diversi esemplari di Rhipsalis nelle stanze delle nostre case, o sulle scrivanie degli uffici, allevierebbe lo stress.

Tutti benefici non di poco conto se si considerano le poche accortezze che richiede la Rhipsalis. Qualsiasi luogo in casa le andrà bene, sarà necessaria solo un po’ d’acqua una o due volte alla settimana e non ha particolari pretese in fatto di temperatura (l’ideale è tra i 18°Ce i 21°C, con un margine di 5° C in più o in meno). È talmente autosufficiente che vi permetterà di andare in vacanza e stare via una, due o persino tre settimane senza curarvene, purché la annaffierete abbondantemente prima di partire (attenzione, però: se la si lascia al sole avrà bisogno di una quantità maggiore di acqua).

Il nome Rhipsalis prende origine dalla parola greca ‘Rhips’ = vimini e si riferisce alla massa dei sottili fusti che ne adornano il corpo. Questa pianta cresce in fretta e sviluppa lunghi viticci che di tanto in tanto è necessario mantenere in forma con una potatura. E’ una pianta che appartiene alla famiglia delle Cactaceae e in natura cresce nelle foreste pluviali dell’America centrale e meridionale, in Africa e in alcune isole dell’Oceano Indiano, dove si aggrappa ai tronchi d’albero facendo penzolare i suoi lunghi rami fin nel terreno. Ne esistono moltissime specie, con una grande varietà di colori e forme. Ma niente spine!

Dunque un’amica per tanti versi ‘trendy’, che può impreziosire e vivacizzare le mura domestiche o gli ambienti di lavoro, ma allo stesso tempo tranquilla: un indubbio vantaggio per tutti.

 

L’egoismo è finito

Sto leggendo il nuovo libro di Antonio Galdo sull'egoismo. A ogni pagina, trovo un motivo in più per fare comunità. Non perdete tempo, leggetelo anche voi. Ci sono mille modi che, unendoci, ci fanno vivere meglio.

 

Per decenni abbiamo rimosso il desiderio vitale di stare insieme rinunciando all’energia sprigionata da una comunità quando prendono corpo i legami che saldano persone e cose, luoghi e identità, interessi e sentimenti. Tutto è ruotato attorno all’io, escludendo il noi, e l’egoismo è diventato la principale leva dei nostri comportamenti, individuali e collettivi. Ma l’egoismo non può funzionare come bussola di una civiltà. La Grande Crisi marca la fine di un paradigma, di un pensiero unico, e ci spinge alla ricerca di nuovi fondamentali, non solo economici. In questo senso l’egoismo è finito.

È finito perché, come diceva Aristotele, «non si può essere felici da soli». Il cambio di paradigma, come dimostrano le storie raccolte in questo libro, non è solo un’aspettativa del futuro: è già in atto. Storie di persone altruiste, di città pensate per condividere i luoghi, i trasporti e gli spazi. Concezioni nuove dell’abitare, attraverso le frontiere del cohousing o dell’housing sociale. Una nuova condivisione verde, dagli orti urbani agli orti verticali, i «grattaverdi». Il fascino efficace del baratto, contro il piacere individuale del possesso. La condivisione delle idee, attraverso le tecnologie della Rete. Una nuova concezione del lavoro e dei luoghi in cui svolgerlo, attraverso il coworking.

 

Jane Austen

A chi piace J. A. consiglio di leggere una prelibatezza di Georgette Heyer dal titolo Sophy la Grande edz Astoria. Il libro, scritto benissimo, ci tuffa in una capricciosa, quanto convenzionale, storia di famiglia e di intrighi amorosi. Un Orgoglio e pregiudizio, pieno di dettagli della società dell’epoca. Sembra Wodehouse.

La nube purpurea

«Un libro che ti ha cambiato la vita? » La domanda arriva via e-mail, non e` accompagnata da un sorriso, ne´ da uno sguardo, complice, che ti da` tempo, ne´ da un’occhiata ambigua di chi vuole qualcosa da te, ma sa che… facile non e`. La domanda – « un libro che ti ha cambiato la vita? », « un libro che ti ha cambiato la vita? » – rimbalza, prima al cuore e poi al cervello. Suppongo prima a quello perche´ ho piu` cuore che cervello e li` tutto trova posto: s’accovaccia, aspetta, rispunta, si addormenta e poi trova il modo di uscire: certe volte come una risposta, altre come una proposta, ambedue mai soppesate, l’istinto, si sa, e` una brutta bestia.
Non mi ha cambiato la vita, ma mi ha fatto capire qualcosa della vita, qualcosa di me. Qualcosa che non sapevo, nessuno me l’aveva
chiesta e le ragazze, si sa, pensano molto alla vita e poco alla morte.
 Era il ’67, faceva ancora freddo, con il caldo e con il freddo quella grande casa, sotto la montagna, la casa di Mitzi, ci accoglieva sempre.
Andavamo li` quando eravamo stanchi, delusi, soli, felici, in coppia, con voglia di sole e amore. Andavamo li`, pressappoco sempre gli stessi. Cosi` belli e cosi` giovani da pensare che l’intelligenza e`
un accessorio che in vacanza non si porta: pesa, ti fa camminare meno, sciare piu` piano. Era un anno duro per me, quell’anno, non avevo piu` niente, dovevo ricostruire tutto. La casa, sapeva. Uno, una, non ricordo il volto, mi mise in mano un libro: « L’ho letto, leggilo. Lo ha letto anche lui, e anche Mitzi. Leggilo, poi ne parliamo ».Un buon inizio, nessuno chiedeva niente. In mano avevo La nube purpurea di M.P. Shiel, una casa editrice mai sentita (Adelphi), seppi molti anni dopo che era uno dei suoi primi titoli.
Per trecento pagine la nube purpurea si aggira nel mondo, portando nella sua scia una dolciastra ondata di morte. L’universo e` tramutato in una specie di deserto dei tartari dove si aspetta, cio` che
c’e`, ma non si sa quando arriva. Non ricordo nomi, protagonisti, avvenimenti, ricordo solo quella nube purpurea, che doveva arrivare, sarebbe arrivata, niente poteva fermarla. Lessi in fretta, la comune ne aveva comprata un’altra copia, ormai eravamo in piu` di sette ad averlo letto.Ocinque? Mitzi preparo` la tavola, ci sedemmo intorno, il lesso era buono. Mitzi non aveva dormito, la nube purpurea le dava angoscia. Lei che mori` quarantadue anni dopo, con grande coraggio, dicendomi: « Non ho paura ». L.P.D. M.D. A. tentarono di fare un grande sfoggio di quell’accessorio poco vacanziero che normalmente non si mette in valigia. Ognuno aveva la sua tesi. Poi io, quella piu` debole, loro non sapevano che nel frattempo qualcosa era successo: «Mi e` piaciuto molto, perche´ ho scoperto che non ho nessuna paura di morire. Apriamo le finestre alla nube purpurea, se deve succedere, succeda ».
Mitzi, la padrona di casa, aperse le finestre con me. Mori`, con grande coraggio, quarantadue anni dopo. Io, dopo quella scoperta, affrontai il futuro: diverso, piu` bello. La nube purpurea e` un ricordo lontano di un momento indelebile. Poi scopersi la p&œlig;sia e con Dorothy Parker ritrovai quel momento nella casa in montagna.
I rasoi fanno male
I fiumi sono freddi
L’acido lascia tracce
Le droghe danno i crampi
Le pistole sono illegali
I cappi cedono
Il gas e` nauseabondo.
Tanto vale vivere.

Belli o brutti

Come dice Patrizia Valduga:

Gli uomini umani sono in estinzione.

Bisogna amrli come li facciamo,

risuscitarli con la devozione…

oppure farli come li vogliamo.

Ma come li vogliamo…?

Come pesci nella rete

Inutile girarci attorno: con i social media e i social network dobbiamo farci i conti. Diventa più un vezzo che una scelta quello di dichiararsi 'apocalittici' ovvero 'integrati' rispetto alle cose del web. Già, perché sempre più confondiamo il web con i social network ed aumentano i "soloni" ( i tuonisti, categoria sociale dalla quale stare alla larga) che tuonano contro l' ennesimo strumento diabolico, facendo di tutta l'erba un fascio e scambiando il mezzo per il messaggio.
Ma Marshall McLuhan é superato: la nuova comunicazione si fa in portabilità, mobilità e connettività e ha a che fare solo con le modalità, non con i contenuti. Niente di catastrofico, altrimenti avremmo dovuto distruggere il telefono ed ancor prima il telegrafo, no? Un avvertimento per i paurosi: non siamo che all'inizio.
Tutto questo e tanto altro in maniera ironica, scanzonata ma rigorosa nelle fonti, nel saggio di Marika Borrelli e Januaria Piromallo "Come pesci nella rete. Trappole, tentazioni e tentacoli del web" (Armando editore). Nevrosi da Facebook, ansia da Twitter, affanno. Se dentro, non ho pace e tutti sanno tutto di me. Se fuori, sono un povero escluso. E, invece, sembra che ci possa essere una eventuale terza via: ce la spiegano con ironia e sapienza due blogger di lungo corso che nei misteri dei social network si orientano perfettamente. Altro che pesci nella rete…
Buona lettura e buon divertimento.

 

Sicuramente ci sarà

Sicuramente ci sarà

dell'altro – è l'unico

modo di credere

l'unico 

modo per cedere

alla vita

che non dà nient'altro.

Anna Cascella Luciani, tutte le p&œlig;sie (1973-2009), Gaffi editore 

E' tempo di p&œlig;sia. Tutte e tutti l'hanno scoperta, solo gli editori hanno paura. Niente in confronto alle paure antiche. Anna Cascella Luciani è una p&œlig;tessa somma che tutto sommato pochi conoscono. Lei c'è ancora , lei può ancora gioire con voi di questi suoi versi, amari ma veri. Mi sono tanto "divertita". Non è la parola giusta, ma quando un libro piace è la parola più appropriata. a leggere il tomo delle sue p&œlig;sie dal '73 al 2009. Adesso, nel mio arcobaleno p&œlig;tico, cìè un nuovo nome: Anna Cascella Luciani. 

Però anche i padri… Ecco quello di Sylvia Plath

Non mi vai più, no, | non mi vai più, scarpa nera, | in cui per trent’anni ho vissuto | come un piede, povera e bianca, | senza osare respiro o starnuto. | | Ho dovuto ucciderti, papà. | Sei morto prima che avessi il tempo—- || Pesante come marmo, otre pieno di Dio, | orrida statua con un alluce grigio, | grosso come una foca di Frisco | . . . . . | Pregavo per riaverti, un tempo. | Ach, du. | . . . . . . . . | Mi hai sempre fatto paura, tu, | con la tua Luftwaffe, il tuo ostrogoto, | il tuo baffetto ben curato, | l’occhio ariano, così blu. | Uomo-panzer, uomo-panzer, ah, tu——- |. . . . . . . | sei sempre l’uomo nero che | azzannò e squarciò in due il mio cuore rosso.

 

tratto dal bel sito http://www.sylviaplath.altervista.org/index.html

Quando la mamma è cattiva con se stessa

"Poco prima dell'alba, qualche luce fende l'oscurità, lame oblique sulle ombre che s'addensano per le strade vuote e le corrono incontro. Sopraffatta, Sylvia non regge più alla tentazione. Per favore chiamare il dottor Horder, scrive su un biglietto con il numero telefonico del medico, che attacca alla carrozzina di Nick, giù in fondo alle scale, dietro il portone d'entrata. Quindi sale in casa e prepara pane e burro e due tazze di latte che posa sul comodino nella camera dei bambini. Apre la finestra, benché l'aria sia fredda, e chiude bene la porta. Sigilla ogni fessura con nastro isolante e asciugamani arrotolati, poi scende sicura verso la cucina, dove si chiude dentro, isolandosi dall'esterno con lo stesso sistema. Apre lo sportello del forno, aggiusta un panno sul ripiano per accomodare la testa e dopo aver aperto la manopola del gas, si inginocchia e affonda il viso sul morbido, gli occhi nel buio."

Da Sylvia, di Stefania Caracci, e/o

tratto dal bel sito http://www.sylviaplath.altervista.org


 

Un modo di risparmiare: leggere

E' vero
vengo a pranzo
E' vero
vengo a cena
E' vero
vengo in vena
di mangiarti a metà
Anna Cascella Luciani

Non conoscevo Anna Cascella Luciani. Vorrei condividere questo bell'incontro con voi e con la crisi. Di questi tempi, parliamo più d'amore e mangiamo di meno. Non può farci che bene.

Così è la vita

Capita raramente. Anzi, pensavo non potesse capitare mai. E invece ecco, leggere un libro sull'addio, altrimenti detto morte, può essere allegro, vispo e consolante. Noi, che dell'invecchiare, dell'essere fragili, inadeguati, e dell'andarcene parliamo pochissimo, e in modo quasi nascosto, bisogna che ritroviamo il coraggio di farlo. Perché vivere significa morire. Con uno stilelibero, non a caso Einaudi, seducente, pieno di ritmo, Concita De Gregorio ci porta per 116 pagine intorno a questo soggetto. Ne parla nel modo in cui se ne può parlare anche con i bambini, ne parla nel modo in cui ogni generazione si può rappacificare con l'arte di dirsi addio. Dopo averlo letto, immediato un pensiero: grazie Concita. 

Concita De Gregorio, Così è la vita. Imparare a dirsi addio.   

Innamorati, di Wislawa Symborzska

C'era tanta quiete, che udiamo
la canzone cantata ieri:
Tu per il monte, io per la valle…
Udiamo – ma non ci crediamo.

Non c'è pena nel nostro sorriso
e la bontà non è rinuncia.
E' più di quanto non meriti,
commiseriamo chi non ama.

Così di noi stessi stupiti,
cosa ci può stupire di più?
Né arcobaleno di notte, né farfalla sulla neve.

E quando ci addormentiamo,
in sogno vediamo l'addio.
Però è un buon sogno,
però è un buon sogno,
perché poi ci svegliamo.