Il matrimonio è sempre una questione di interesse? E quindi un matrimonio che riesce è quello che vede accontentate le reciproche aspirazioni dei coniugi? Quanto possa effettivamente, e chimicamente, rendere attr&ælig;nte un essere umano, per il fatto di rappresentare una promessa di felicità, non è dato sapere. Posto che il cosiddetto matrimonio d’amore è una evidente contraddizione pronunciata a partire dal secolo recente (a chi, nei primi irripetibili momenti di estasi e tormento dell’innamoramento passerebbe dall’anticamera del cervello di sposarsi l’indomani?) pare altrettanto evidente che l’idea di matrimonio giunga salvifica quando, di quei momenti, si perde la fiamma e se ne avverte struggente nostalgia. Ecco in soccorso il matrimonio d’amore che col suo vortice di emozioni e fatti materiali lenisce romantici struggimenti e tempra per una nuova consapevole e complice fase della propria storia di coppia. E’ amore? Forse è più propriamente amore per l’amore, ma val la pena tentare di costruirci sopra l’idea di una vita assieme, una casa, una famiglia. Mettendo in conto (ma chi mai lo fa?) inevitabili defaillance, spesso, ma non sempre, fatali. L’antico matrimonio di interesse, quello spudoratamente onesto nelle sue aspirazioni materiali, è forse un’idea più realistica, ma che subisce oggi un giudizio negativo a furor di popolo. In particolare pare che un crescente numero di uomini spiantati e prestanti affollino gli altari al braccio di volitive, e non sempre attempate, miliardarie, di nascita o di carriera. Signore che parrebbero (al pari dei loro cloni maschili con Barbie parlante accanto) povere vittime di cinici profittatori, ma che, almeno a me, risultano essere carnefici consapevoli, spesso autoironiche, simpatiche. Questa soluzione vissuta con consapevolezza può rendere felici entrambi i soggetti, per motivi diversi dall’amore che comunque, come succedeva nei secoli scorsi, si annidava altrove. Ma quello che conta sono i numeri: la crescita esponenziale di separazioni e divorzi non accenna a fermarsi e stupisce che la scelta più antieconomica per ogni famiglia non sia arginata neppure dalla situazione contingente dei conti italiani. E quindi che fare? Abolire l’istituto del matrimonio? Vivere con gli amici? Avendo già in curriculum una discreta esperienza (mi manca il matrimonio di interesse, ma potrei sperimentarlo nella seconda parte della mia vita) e nessuna soluzione ho chiesto lumi a un post adolescente di mia conoscenza. Che mi ha stupito, per lucidità e pragmatismo, con un programma in 5 punti. Eccolo. Premesso che: – i matrimoni finiscono – l’amore esiste ma può finire – i figli devono essere allevati dai due genitori almeno per 10 anni la proposta è: – il matrimonio a tempo. Durerà 5+5 anni. Alla scadenza, di fronte a un terzo soggetto (amico, parente, psicologo, fruttivendolo, insomma a scelta) si fa un outing dove viene ridiscusso tutto cioè si aggiornano le aspirazioni attuali e si decide se proseguire con una nuova promessa o lasciarsi. Chi ha figli è obbligato a resistere civilmente nella convivenza fino ai 10 anni del figlio o, diversamente, sceglie un affido congiunto. – Ad ogni modo, ognuna delle scelte (e questo trovo fantastico) va festeggiata con una celebrazione importante. Io l’ho trovato interessante, ma sono di parte, voi?