Dopo aver messo tra me e il pensiero del topo la seconda tranche delle vacanze estive…
Quando torno la cucina non ha tracce di passaggio, sono quasi felice, salgo sul soppalco per svuotare la valigia e trovo la seconda casa del topo: in mezzo ai miei vestiti, ricoperti di cacche e pipì fresca. Non salgo sulla sedia a urlare solo perché il soppalco è basso ma piango sommessamente, mi piglia un raptus e butto via un sacco di vestiti, quelli più offesi, per altri faccio un sacco per la tintoria, ribalto tutta la casa, praticamente la bonifico nell’intento di renderla molto inospitale per il topo. Richiamo Raptus, non hanno nessuno da
mandare, impietosisco la centralinista e viene direttamente il padrone, improvvisamente mi sento un caso serio. Augusto, il padrone, non è credibile come ciaparat, piuttosto bellino e benvestito, conversa amabilmente di vini millesimati e letteratura, poi mi spiega che è più difficile prendere un topolino in una casa che una lobby di topi in un’azienda alimentare. L’argomento è interessante, scopro che i topi sono neofobici, abitudinari e conservatori, (penso a certi uomini) cauti e guardinghi a meno che non siano in gruppo o molto grossi. Quindi ho sbagliato a cambiare l’assetto della dispensa, quello non la riconosce e sta sulle sue. Augusto studia la situazione e procede per gradi, è un lavoro che richiede molta pazienza (penso a certe donne). Dopo qualche giorno Augusto decide che il Piano A è fallito, il topo ha snobbato le trappole perché è neofobico, però ha lasciato una traccia: preferendo il cibo vero è entrato in una piccola dispensa aperta, ha fatto un buco nel sacchetto della semola per cous cous e deve averci nuotato perché è piena di cacche, tutto questo nella notte perché la mattina dorme. Si passa così al piano B: incollante. Nel senso che si mettono per terra delle strisce ricoperte di una sostanza appiccicosissima dove il topo dovrebbe passare per andare verso il suo cous cous e rimanere incollato. Muore perché non riesce a staccarsi di lì. Impiego 12 ore ad abituarmi all’idea di svegliarmi di soprassalto col topo incollato che urla come un ossesso e io che devo prenderlo e buttarlo via. Passano due giorni e non succede nulla, deve essere intelligentissimo, cioè fa lo sciopero della fame, snobba couc cous, trappole con esca, caga poco e non si sa dove dorma, io ogni mattina perlustro tutta la casa invano. Appena mi abituo all’idea di trovarlo incollato e di buttarlo via Augusto mi dice che si passa la piano C, però non ha una bella voce quando lo dice. Chiedo come muore il topo nel caso C e mi spiega che è la trappola “classica”, quella con la molla. “Ah benissimo” dico, mi viene in mente quello dei cartoni animati: pezzetto di emmenthal e zacchete, la molla che gli blocca la coda. “No, non la coda”, dice Augusto. Pausa. “La molla gli spacca l’osso del collo” conclude con la voce contratta. “Ma che schifo, ma non è possibile”, e poi, più cinica, “ma urla, ma esce sangue, ma puzza, ma schizza?”.
Dodici ore non mi bastano ad abituarmi all’idea che il grande cagatore muoia in quel modo dannato, così ottengo una deroga al piano C, si prova a prenderlo per fame: sparisce il cous cous così se non vuole morire di fame deve prima o poi entrare nella trappola con l’esca, speriamo che non sia anche anoressico.
Ancora nulla. Ieri prima di andare via Augusto guarda uno dei tubi Innocenti che reggono il soppalco della cucina e nota che mi sono dimenticata di sigillarne uno, mi dice in un soffio: "secondo me è lì". Io non gli dò gran considerazione mentre gli preparo un caffè (ormai sembriamo una vecchia coppia) vedo che traffica su di sopra, conosce la casa meglio di me, ogni volta che viene fruga dappertutto, mi imbarazza un po' quando solleva le lenzuola, mi pare eccessivo quando lancia sul letto giacca e casco, mi lascia perplessa quando si autoinvita a pranzo e parla di calcio con mio figlio. Di sopra ha messo un pezzo di esca che fa capolino dal tubo Innocenti che non ho sigillato, una di quelle esche americane blu che ti chiedi come un topo possa esserne attratto. L’esca sta mezzo dentro e mezzo fuori dal tubo, l’indomani vado a controllare e WOOOW è tutto rosicchiato: Augusto ha ragione, il topo ha messo casa e ufficio lì ed ha rotto il ramadan per disperazione. Lo chiamo e gli dico che è un genio, dall'emozione non parliamo. È un grande momento. Il topo comunque oltre che neofobico ed anoressico è anche orgoglioso e non esce dal tubo. Ha la sua dignità, piuttosto di farsi vedere mezzo atrofizzato, con la nausea e col pelo color esca ha deciso di crepare nel tubo. Così l’ho murato lì. E’ stata una cerimonia solenne: petali di rosa, un pezzo di Emmental, e candeline, ho fatto una specie di preghiera dove ci perdonavamo reciprocamente per i torti subiti e gli chiedevo di restare a proteggere la mia casa, che una casa senza morti non è protetta. Naturalmente Augusto non è stato ammesso alla cerimonia, per certe cose non ci vuole un uomo. Che poi finisce che chiama la neurodeliri.