Archivio dell'autore: Ilaria d'Andria

Difret – Il coraggio per cambiare, regia di Zeresenay Berhane Mehari

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La quattordicenne Hirut viene incarcerata dopo aver ucciso l’uomo che l’aveva rapita e violentata per poi prenderla in moglie: “Difret – Il coraggio per cambiare”, ispirandosi a una vicenda realmente accaduta in un villaggio a tre ore da Addis Abeba, racconta la rivolta della ragazza – assistita da una tenace e battagliera donna avvocato – contro la legge dello stato e quella della comunità che la vogliono colpevole.
L’antica tradizione rurale che permette il rapimento a scopo nuziale, la necessità dell’apertura a una legge che riconosca i diritti di ogni individuo, il ruolo della donna, il senso della coppia e del matrimonio: il film affronta questi temi con uno stile semplice, realistico e convincente (il regista è etiope, lo ha girato in Etiopia, con attori etiopi e in aramaico) che evita di cadere in una certa artificiosità talvolta riscontrabile in altre operazioni del genere.
A Milano “Difret – Il coraggio per cambiare” è in programmazione al cinema Mexico in via Savona 57, per saperne di più: www.cinemamexico.it

Corri ragazzo corri, regia di Pepe Danquart

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Ispirato alla vicenda vera di Yoram Fridman (che compare alla fine del film) raccontata da Uri Orlev nell’omonimo libro, “Corri ragazzo corri” è la storia di Jurek che a nove anni scappò dal ghetto di Varsavia e visse fino alla conclusione della guerra dormendo sugli alberi, patendo ogni stento e spostandosi di villaggio in villaggio tra buoni e pessimi incontri senza comunque mai perdere la fiducia nel prossimo né la speranza di sopravvivere.
Una testimonianza sull’infanzia violata necessaria ai giovani e non solo, per non dimenticare mai.
A Milano il film è proiettato all’Odeon (via Santa Radegonda 8: www.thespacecinema.it ) il 26, il 27 e il 28 gennaio in occasione del Giorno della Memoria.

John Wick, regia di Chad Stahelski e David Leitch

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Riecco Keanu Reeves, ecco John Wick, spietato killer a pagamento in pensione per amore che riprende a lavorare dopo che degli ex colleghi russi lo provocano facendogli fuori l’affettuoso cucciolo di beagle e rubandogli la macchina d’epoca.
Da questo momento in poi è difficile tenere la conta dei morti in un film costruito come un videogioco tutto violenza e sparatorie, intervallate giusto da qualche battuta e da pochi attimi di tranquillità apparente.
Che altro dire, se non che la vendetta di “John Wick” troverà di certo il suo pubblico.

Still Alice, regia di Richard Glatzer e Wash Westmoreland

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Alice Howland è una cinquantenne brillante professoressa di linguistica alla Columbia University con un marito affettuoso e tre bei figli che scopre di avere una forma precoce di Alzheimer e “Still Alice” racconta la sua battaglia per restare ancora connessa al mondo prima che il “mostro” che le si è insinuato nel cervello spazzi via tutto.
Al cinema non è semplice trattare la malattia senza cadere in facile retorica ma “Still Alice” ci riesce e il frantumarsi dei ricordi – visto attraverso gli occhi via via più lontani e consumati della protagonista – è raccontato con molta misura e intensità senza cedere al patetismo.
Alice è Julianne Moore, strepitosa, e gli altri attori (tra i quali Alec Baldwin e Kristen Steward) non sfigurano.

Il nome del figlio, regia di Francesca Archibugi

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Metti una sera a cena al Pigneto con due coppie (imparentate tra di loro) e un amico di una vita che si “scannano” tra salotto e terrazza.
Dopo tanti anni Francesca Archibugi torna alla regia riprendendo la commedia francese “Cena tra amici”: qui la domanda sul nome del figlio che verrà apre la strada a un più italico impianto dove affiorano conflitti di classe, ideologie, antichi rancori, tic, ombre, nebbie, sentimenti, risentimenti, segreti, tabù e stravaganti rivelazioni con rimandi continui (troppi) in flashback al glorioso passato di famiglia.
Cinque commensali quindi, cinque caratteri per uno sguardo sull’Italia amaro e divertente e soprattutto cinque attori (Alessandro Gassmann, Valeria Golino, Luigi Lo Cascio, Micaela Ramazzotti e Rocco Papaleo) in stato di grazia, bambini e droni giocattolo di troppo.

cinema Martinitt

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Già, cinema Martinitt e non più solo teatro Martinitt: a partire da domenica 1° febbraio infatti il teatro Martinitt (via Pitteri 58, zona Lambrate) si aprirà anche al cinema.
Si parte con “Magic in the Moonlight” di Woody Allen (dal 1° al 4 febbraio, alle ore 21), dall’8 all’11 poi ci sarà “St. Vincent” di Theodore Melfi, l’ingresso costa 6 euro (i film di animazione ne costano invece 5), per conoscere il resto del calendario e per altre notizie: www.teatromartinitt.it

Hungry Hearts, regia di Saverio Costanzo

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Mina è un’italiana a New York per lavoro, Jude è un ingegnere americano, i due si incontrano per caso nel bagno di un ristorante cinese, si innamorano, si sposano, fanno un figlio che lei decide di nutrire solo con cibo vegetale incontaminato per preservarne la purezza, la coppia scoppia, la tensione esplode, l’atmosfera si fa opprimente (da notare l’uso molto significativo degli spazi e degli ambienti) e si tinge di nero: ecco i “cuori affamati” attraverso i quali Saverio Costanzo esplora, guarda e analizza gli equilibri di una coppia, le difficoltà di essere genitori e l’amore materno comprendendo le ragioni di ciascuno senza troppo giudicare.
Il ritmo è serrato e inquietudine, disagio, sgradevolezza e metafore della vicenda oltrepassano lo schermo coinvolgendo lo spettatore.
Applausi per Alba Rohrwacher e Adam Driver.

P.S.
Al cinema Apollo (galleria De Cristoforis 3) è in corso la rassegna “Portare il fuoco – Essere genitori oggi: un percorso tra cinema e psicoanalisi” e “Hungry Hearts” sarà proiettato il 15 aprile alle 19.30 alla presenza della psicoanalista Maria Barbuto e di Andrea Bellavita, semiologo e critico cinematografico.
Per conoscere gli altri appuntamenti e per altre notizie: www.spaziocinema.info www.jonasonlus.it e www.gianburrasca.org

Italo, regia di Alessia Scarso

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Riecco un cane al cinema, ecco “Italo”, l’opera prima di Alessia Scarso dedicata alla storia vera di un cane randagio che qualche anno fa visse, amò e fu riamato da Scicli in Sicilia dove andava a prendere i bambini a scuola, scortava le donne fino a casa, partecipava a messe e processioni, guidava i turisti.
Qui il cane non è un meticcio color miele ma uno splendente golden retriver e la regista inserisce nella vicenda un bambino orfano di madre, Meno, il suo papà – il bel sindaco alle prese con il divieto di circolazione ai randagi, appunto -, altri bambini, altri adulti e un po’ di folklore sparso: i toni e i sapori diventano da “favola”, il montaggio e la descrizione denotano stile e sono veloci e anche se il copione scricchiola “Italo” conquista e commuove i più piccoli e i loro accompagnatori.

La teoria del tutto, regia di James Marsh

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Non è un film sulla malattia (l’atrofia muscolare progressiva), non è un film sulla termodinamica dei buchi neri: o meglio, la malattia e la scienza ci sono ma “La teoria del tutto” si concentra sulla storia personale dell’astrofisico Stephen Hawking e soprattutto sulla storia d’amore con la prima moglie Jane Wilde, conosciuta nel 1963 all’università di Cambridge, quando Stephen godeva ancora di buona salute.
L’ateismo radicale di lui e la profonda fede di lei, le difficoltà, le frustrazioni, il decadimento, i successi, gli sforzi, una vita di coppia solida, tutto sommato normale, serena e mai limitata dai limiti, i tre figli: il film racconta una storia straordinaria in modo convenzionale e restando in superficie però ha il merito di non cadere in toni pietistici e ricattatori, è confezionato bene e interpretato meglio da due giovani attori, Eddie Redmayne e Felicity Jones.

Da Caligari a Hitler. Il cinema della Repubblica di Weimar – Rassegna cinematografica

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Dal 1918 al 1933: tanto visse la Repubblica di Weimar, un’esperienza di democrazia liberale dopo la guerra e prima dell’ascesa di Hitler ed è proprio su quel periodo artisticamente ricco e stimolante e così cinematograficamente che si concentra la rassegna iniziata a Spazio Oberdan (viale Vittorio Veneto 2) il 13 gennaio. In cartellone fino al 15 febbraio una carrellata di classici più o meno noti – molti in edizione restaurata – tra i quali “Metropolis” e “M, il mostro di Dusseldorf” di Fritz Lang, “Il gabinetto del dr. Caligari” di Robert Wiene e ancora “L’angelo azzurro” di Josef von Sternberg e “Asfalto” di Joe May oltreché l’anteprima del documentario “ Da Caligari a Hitler”.
C’è anche una mostra fotografica nel foyer, per chi ne voglia sapere di più www.cinetecamilano.it

The Water Diviner, regia di Russell Crowe

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Il lungo viaggio nel 1919 di un agricoltore dall’Australia fino in Turchia per ritrovare e seppellire i tre figli partiti anni prima con l’Australian and New Zealand Army Corps e scomparsi dopo la battaglia di Gallipoli, le difficoltà a partecipare alle ricerche, l’ostinazione e i tormenti, l’aiuto di un colonnello turco un tempo nemico numero uno, e ancora la collaborazione di una giovane vedova di guerra proprietaria dell’albergo di Istanbul: Russell Crowe debutta alla regia riaprendo una pagina tragica della storia della sua Nuova Zelanda e “The Water Diviner” è un’opera prima molto classica abbastanza convenzionale sospesa tra epica e romanticismo, battaglie, amore, sentimenti universali, paesaggi e tramonti da cartolina, insomma un polpettone cucinato con cura che si vede con piacere e si digerisce senza intoppi.

La Grande Guerra – Rassegna cinematografica

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Il 24 maggio 1915 l’Italia entrava nella prima guerra mondiale, la Fondazione Cineteca Italiana e le Gallerie d’Italia hanno organizzato una rassegna di film molto ricca e molto lunga per rinfrescare la memoria e tenerla viva attraverso i diversi sguardi e i molteplici punti di vista proposti dal cinema dagli anni dieci fino a oggi.
La rassegna è molto ricca e molto lunga, si diceva, difatti il programma – suddiviso in 23 tra film e documentari, 8 film muti e 27 lungometraggi sonori – continua fino al 30 luglio (le proiezioni sono nella sala didattica delle Gallerie d’Italia in Piazza della Scala 6, al giovedì alle ore 19 e alla domenica alle ore 15: giovedì 15 gennaio ci sarà “Addio alle armi”, domenica 18 “La trincea e la guerra bianca”, il 22 “Orizzonti di gloria”, giusto per citare i prossimi titoli in programma).
Per il calendario completo, le modalità di partecipazione (è tutto gratuito ma è gradita la prenotazione) e altre notizie: www.gallerieditalia.com e www.cinetecamilano.it

Si accettano miracoli, regia di Alessandro Siani

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Fulvio – un tagliatore di teste a sua volta tagliato dall’azienda – viene condannato a un periodo di servizi sociali (ha picchiato il capo) nella casa famiglia gestita dal fratello prete Don Germano in costiera amalfitana, in un paesello da fiaba fuori dal tempo e dal logorio della modernità, e per catalizzare l’attenzione sul borgo e sulla comunità si inventa un miracolo.
Miracoli, santi, devozione, sorrisi di bambini, buoni sentimenti e stereotipi a volontà sono al centro del film di (e con) Alessandro Siani, peccato manchino trama e situazioni – inconsistenti, ripetitive e di una pochezza che sconfina nella desolazione – oltreché battute e ritmo – ci si annoia, addirittura – e poi Siani tende a voler ricordare l’immenso Massimo Troisi, il che irrita un po’.
A ogni modo “Si accettano miracoli” piace, diverte e incassa, segno che i miracoli riescono.

Big Eyes, regia di Tim Burton

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Lei dipingeva, lui si appropriava dei quadri – e di meriti e successi – diventando uno dei più celebri artisti degli anni Sessanta: Tim Burton porta sullo schermo la vera storia di Margaret Keane – ritrattista di donne e bambini dagli occhi giganteschi e malinconici – e del marito Walter che passò come il vero artefice delle opere fino a quando lei rivelò durante una diretta radio di essere l’autrice dei big eyes.
Niente effetti speciali, niente spettri, niente faccine di Johnny Depp ma solo – sparpagliati qua e là – alcuni inconfondibili tocchi d’autore, a iniziare proprio dai grandi occhi: Tim Burton ridisegna una vicenda umana e artistica e riflette su Arte e Critica d’arte affidandosi a una solida sceneggiatura e a due attori molto in parte (anzi tre, c’è Terence Stamp nel ruolo di un inflessibile critico) e l’operazione funziona.

Come ammazzare il capo 2, regia di Sean Anders

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Riecco il secondo capitolo di un film di successo di pochi anni fa, riecco tre dipendenti alla ricerca della fortuna e poi della vendetta contro un perfido industriale.
La storia vorrebbe far ridere ma non fa ridere né fa sorridere, il livello di volgarità è alto, il linguaggio ardito e solo i comprimari ospiti d’onore (Kevin Spacey, Christoph Waltz e Jamie Foxx) regalano qualche istante se non altro passabile, il che è comunque troppo poco per smettere di guardare di continuo l’orologio.

Museo Interattivo del Cinema: Adolescenti. 11 grandi film, 11 grandi ritratti

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Il cinema ha raccontato molto spesso le inquietudini dell’adolescenza, la rassegna iniziata al MIC domenica 11 gennaio e dedicata proprio a questo delicato complesso periodo della vita ha selezionato dal vasto catalogo undici film girati tra il 2008 e il 2014 (tranne uno, “Harold e Maude” di Hal Ashby, del 1971) tra i quali “Il giardino delle vergini suicide” e “Bling Ring” di Sofia Coppola, “Io e te” di Bernardo Bertolucci, “Sister” di Ursula Meier, “Il ragazzo con la bicicletta” di Jean-Pierre e Luc Dardenne e “Il ragazzo invisibile” di Gabriele Salvatores.
Fino al 1° febbraio in viale Fulvio Testi 121, per il calendario completo delle proiezioni e altre notizie: www.cinetecamilano.it

American Sniper, regia di Clint Eastwood

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Clint Eastwood sceglie la vicenda vera di Chris Kyle – il leggendario cecchino americano che ha combattuto in Iraq sei anni e quattro turni a partire dal 2003 – per riflettere sul senso, sulla follia, sui disagi e sui danni collaterali della guerra che resta dentro la testa e dentro gli occhi del soldato anche durante i rientri a casa tra una missione e l’altra e che alla fine lo risparmia restituendolo alla famiglia, alla quotidianità, alla salvezza di altre vite – la missione di Chris, sempre e comunque – e a un destino beffardo, in patria.
Asciutto, scabro, forte, potente, senza fronzoli e senza invadenti colonne sonore: con “American Sniper” Clint Eastwood centra il bersaglio ancora un’altra volta.

Spazio Oberdan: Orson Welles

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Parte bene il nuovo anno a Spazio Oberdan.
Difatti il 10 gennaio inizia la retrospettiva dedicata a Xavier Dolan e tre giorni prima ne comincia una su Orson Welles.
Le sue storie, i suoi personaggi, il suo stile, il suo linguaggio: per mercoledì 7 gennaio sono in programma “Il processo”, “Otello” e “Quarto potere”, il giorno dopo ci saranno “Lo straniero e “Macbeth”, il 9 “Cagliostro” e “Rapporto confidenziale (Mr. Arkadin)”, il programma comprende altri gioielli senza tempo e si va avanti fino al 26 gennaio.
A Spazio Oberdan in viale Vittorio Veneto 2, per il programma nei dettagli e per altre notizie: www.cinetecamilano.it