Bello è bello, non c’è dubbio, è pure talentuoso, ma è irascibile, arrogante e nevrotico e poi ha un passato di alcool, droga, sesso, amicizie oscure e debiti da lasciarsi alle spalle: ecco Adam Jones, professione chef, rieccolo a Londra – in fuga da Parigi – deciso a rimettere insieme il vecchio personale e a riconquistare la gloria e soprattutto l’ambitissima terza stelletta Michelin.
Ma Adam non sa fare squadra, e senza lo spirito di squadra non si può dirigere una cucina, ovviamente se ne dovrà rendere conto trovando finalmente pace, redenzione, stelletta e non solo…
In televisione (non ricordo dove ho letto la lista dei programmi culinari esistenti: uno sproposito), in libreria, nelle edicole, al cinema: la cucina come via del successo e di riscatto dilaga da tempo e da tempo ne abbiamo fatto indigestione e nonostante la sceneggiatura de Il sapore del successo sia firmata da Steven Knight (quello di Locke) e il cast sia parecchio stellato (Bradley Cooper, Sienna Miller, Omar Sy, Uma Thurman, Emma Thompson, Riccardo Scamarcio) la prevedibilità, le ripetizioni, l’assenza di passione per il cibo e la noia sono i sapori principali.
Poi chi ama Bradley Cooper si accomodi pure, probabilmente non troverà lui così poco credibile tra pentole, padelle e coltelli e la visione del film così inutile.