Ieri, in viaggio di lavoro con una cliente, parlando di sessualità, la signora mi chiedeva chiarimenti sul transgender, transessuali e travestiti. La cosa mi divertiva, perchè scoprire l’apertura mentale di persone che conosci per lavoro è sempre positivo. Il tutto nasceva da un articolo che aveva letto in cui si diceva che la maggiornaza dei clienti dei travestiti è composta da uomini sposati e ipoteticamente etero, e che nella maggior parte dei casi vogliono vivere il ruolo passivo. La cosa l’incuriosiva senza scomporla, ma chiedeva a me cosa ne pensavo. Ho risposto, sintetizzando, che il fatto che un uomo trovasse psicologicamente più facile e accettabile vivere la propria parte omosessuale con una “finta donna” poteva avere molti riferimenti al senso di colpa che da sempre ci è stato inculcato. Religione, cultura omofoba, paura della propria non normalità hanno contribuito a creare un gran caos e a spingere persone che avrebbero potuto vivere tranquillamente una probabile bisessualità, a nascondersi colpevolizzandosi e a cercare sfogo in situazioni estreme. Il problema sta proprio a monte e forse si arriverà a risolverlo, sono ottimista. Se si smettesse di dare una connotazione di malattia alle differenze sessuali, se si non fosse sempre colpiti dalla morale colpevolizzante della nostra religione e se si pensasse meno alla sessualità altrui dovendone dare un giudizio, a meno che questa non diventi patologica o perversa, forse potremmo tutti vivere meglio e sperimentare, in caso ci interessasse, esperienze diverse. Il ventaglio di gusti umani è immenso, non codificabile e soggettivo. Ognuno di noi col proprio patrimonio biologico reagisce alle situazioni e all’intorno sociale diversamente dall’altro, ma di sicuro la pressione negativa che per generazioni abbiamo subito non aiuta a vivere bene. Di strada se n’è fatta e se ne continua a fare, ma , specchio dei tempi, l’articolo cui si riferiva la signora la dice ancora lunga sulla reale situazione