Archivio dell'autore: Redazione Quartieri Tranquilli

Cenerentola di giorno

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Ci sono giorni in cui il desiderio di sentirsi comode prevale sulla voglia di catturare l’attenzione degli altri e pur di indossare il tacco 12 siamo pronte a rischiare di perdere l’equilibrio e magari anche il tram! Le sneakers in silver sono il giusto compromesso: possono essere indossate ogni giorno senza rinunciare alla femminilità, per sentirsi come Cenerentola ma non rischiare di perdere la scarpetta.

Arredare con gusto

idee-di-designTre bottiglie di vetro e tre fiori secchi un po’eleganti e un po’lunghi. Prendete spunto da questa foto e arredate con gusto casa vostra in poche mosse: lavate le bottiglie di vetro, eliminate l’etichetta, fate seccare tre fiori dal gambo lungo, o fateli voi con la cartapesta e il fil di ferro et volià. Grande scena, molto non spreco e poca fatica.

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Lo scatolone

scatoloneFinalmente ho preso in mano lo scatolone. ..
Quale scatolone? beh ma quello tipo impiegati lehman brothers anno 2008!!!
Anche io, il 18 Dicembre alle ore 17 circa, dopo “essere stato liberato da ogni incombenza e responsabilità aziendale”, mi sono recato in magazzino e ho chiesto una scatola di cartone… ùSubito me ne hanno offerta una di quasi un metrocubo di capienza, la cosa mi ha in un certo qual modo lusingato: “per una grande personaggio ci vuole una grande scatola” ma più per praticità che per vero senso di umiltà, ho subito reindirizzato la scelta su una taglia molto molto più modesta..

Lo scatolone comunque ha il suo perché: è l’icona per antonomasia del vero licenziato, dell’espulso e ha un suo galateo ben preciso:

  • Deve essere di cartone grezzo,
  • Riportare il logo aziendale (chi ti vede uscire con quella scatola deve riconoscerne l’origine è un dovere civico!!)
  • Deve essere di dimensioni proporzionali alla durata della tua permanenza in azienda: né troppo piccolo né troppo grande.
  • Deve accogliere materiale per un peso che sia tale da non mettere a rischio la tua autonomia di trasporto sia che lo si carichi in macchina, in bici o per portarlo a mano. Perché salvaguardare l’orgoglio che si esprime nell’andarsene con le proprie gambe in completa autonomia è importante.

Lasciare una azienda, svuotare il proprio ufficio è un po’ come quando si cambia casa…

Ma esistono delle differenze fondamentali tra i due traslochi.
Quando cambi casa riemergono cose che neanche pensavi di aver mai avuto. Anzi di alcune un po’ te ne vergogni, come la tua foto di bimbo scheletrico con un salvagente a ciambella bianco e blu sulla testa, ricordo dell’estate, sulla spiaggia più inquinata di Pegli, alla colonia delle suore. Era il 1969, ed intanto Amstrong allunava condizionando per sempre la fantasia di tutta la mia generazione. Altre invece le guardi con nostalgia e un sorriso buffo sulle labbra a ripensare a come eri.. E poi quando riemerge dalla tua storia un vecchio mangiadischi “geloso” a 45 giri ti viene in mente “Speedy Gonzales” di Pat Boone http://youtu.be/9do1CqaqWkY e subito dopo in un corto circuito di memoria riaffiorano alcune scene mitiche di American Graffiti (http://youtu.be/CgZTVkjQwto ), e che dire dell’allucinato ma geniale Animal House con un indimenticabile John Belushi che può competere solo con il John Belushi dei Blues Bothers in “missione per conto di Dio” la cui colonna sonora ne hai copia sia su vinile che su cd..
Ecco… Divago…
E poi decine e decine di scatoloni di libri che non riesci neanche a sollevare (la cultura procura sempre dei danni: ernia al disco 7a vertebra). Un trasloco è come fare l’inventario della tua vita!
La stessa cosa in piccolo accade quando lasci una azienda! In un certo senso anche in quel caso fai l’inventario della tua vita trascorsa in quel luogo tutti i giorni dalle 9 alle 20 per 48 settimane in un anno, per 5 anni e mezzo.. E ti accorgi che tutta la tua vita sta su una chiavetta di 8 giga ed in una scatola di 50x50x50.. E quel giorno prendi la tua scatola, cartone doppio strato marrone e logo rosso fiamma, lo carichi in macchina e lo scarichi nella casetta degli attrezzi del giardino di casa tua e lo lasci li per un po’ … Non hai voglia di pensare a cosa c’è dentro.. Ci sono le feste di natale, e poi da quel momento hai tutto il tempo che vuoi.
Dopo un po’ ….
[vocina] ” ma prendere quella scatola e metterla in ordine?” … sì sì domani certo sì …
[vocina] ” di domani in domani son passati giorni.. Tanto che hai da fare? Forza su” … (lo dico sta coscienza mi annoia.. Prima o poi mi vendo l’ombra come Peter Pan) .. Ok, ok …
E…Buffo… Ti vien quasi subito da sorridere.. Ma ancor di più quando inizi davvero a sistemare il contenuto di quella scatola provando a dargli una razionalità, e ti accorgi che invece sono solo appunti di vita quotidiana che non riescono ad infiammare la tua memoria come le cose della tua casa. Sono appunti, strategie, fogli di calcolo, relazioni ed analisi e una lunghissima sfilza di “to do list” completate…  Quei quaderni pieni zeppi di “to do list” sono un piccolo segno che il tuo fare è servito, che ha inciso in qualche modo. Il resto di quella scatola sono solo strumenti.. Ma non per questo non sono importanti. Sono gli strumenti che hai imparato ad usare in questi anni .. E avere 8 giga ed una scatola piena, delle dimensioni di 50x50x50, mi fa sentire ricco.. Sono fortunato, ho molti strumenti che sono la mia dote.

In fondo è bello avere una scatola come compagno di questa avventura, è un compagno sui cui puoi contare perché alla fine sei sempre tu sotto la forma della tua esperienza, mentre il cartone marrone doppio strato con il logo non ha più importanza ormai… rimane la cosa più importante la scatola vera: il proprio saper fare.

Pillola autobiografica/1

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“Scrivere la propria autobiografia è un po’ come essere innamorati per la prima volta.” Philippe Lejeune

Allora coraggio, leviamo l’ancora e salpiamo! Ecco qualche piccolo spunto sotto forma di semplici esercizi, che speriamo vi invoglino a iniziare con noi questa avventura.

Esercizio 1: Il filo di Arianna – Rispondete alle domande e usate le risposte come griglia per creare un breve autoritratto

 

  1. Una rotonda sul mare (il nostro disco che suona)
  2. Le mie colonne d’Ercole (la prima volta che ho superato il limite)
  3. Oivitamia: sei stato il mio primo amore (ma non l’ultimo)
  4. Un mercoledì da leone (e uno da pecora)
  5. Il mio paradiso perduto (e poi ritrovato)
  6. With a little help from my friends
  7. La maturità (è solo un esame?)
  8. La mia coperta di Linus
  9. Sliding doors (se potessi tornare indietro)
  10. La ciliegina sulla torta

 

www.raccontandosi.it

Baguette low cost

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Cari lettori, oggi vi segnalo una bella iniziativa che viene dalla Francia: come i nostri cugini d’Oltralpe possono essere maestri nella lezione del non spreco. All’insegna della regola “Il pane non si spreca” nasce in provenza la panetteria che offre la celebre baguette a prezzo scontato. Il fenomeno è partito da Nimes, una città nel Sud del paese, ma visti i risultati è probabile che si allarghi in diversi altri centri. L’insegna della panetteria recita testualmente Au pain de la veille (Al pane della vigilia), e il meccanismo del saldo è molto semplice. Le baguettes invendute il giorno prima vengono offerte ai consumatori a metà prezzo. In pratica, a 40 centesimi di euro rispetto ai tradizionali 80-90, e lo stesso discorso vale per fagottini, croissant e brioche. Il vantaggio è duplice. Il commerciante evita così lo spreco del cibo, mentre il consumatore ha la possibilità con un solo giorno di distanza di fare un acquisto low cost. “Non ha senso sprecare il pane ancora fresco, e poi basta inumidire la baguette e metterla qualche minuto nel forno e la differenza non si sente” avverte Sebastien Perez, il giovane proprietario della panetteria francese che sta aprendo una nuova pista nei consumi di pane in Francia. E nella lotta contro lo spreco del cibo.

La giacca che risolve

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Ci si sente subito autorevoli con una bella giacca. Compagna fedele in ufficio, complice sobria per serate tra amiche. Un modello di taglio morbido, da indossarsi slacciato, assicura il massimo della resa. Semplificare con garbo è insieme lezione di stile e condotta di vita.

Gli invisibili

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C’era una volta la propria vita quotidiana fatta di cose e tempi scanditi dalla normalità…
Ma che cosa è la normalità? La risposta più ovvia per me sarebbe: lavorare, dormire, fare cose, vedere gente, i bambini da prendere a scuola, a nuoto, al corso di inglese, il cane da portare a passeggio, sfamare, il gatto da accarezzare.. Insomma la quotidianità dei gesti…. in fondo sempre gli stessi, ripetuti, cadenzati.
Normalità che cadenza la vita: si nasce, si cresce, finiscono i tempi dei giochi, iniziano i tempi delle responsabilità e poi la senilità, ed intanto il tempo che passa perpetua un cammino che è di fatto uguale di padre in figlio…
Certo, se non divieni invisibile!!! … Si perché se ti “ammali” della malattia dell’invisibilità tutto cambia.
L’invisibilità è una “malattia” strana, colpisce quando meno te lo aspetti e si manifesta piano piano. Parte sempre dalla cerchia più esterna del proprio mondo: camminando per strada la gente non ti nota; in un’affascinante riunione di condominio, cerchi invano di prendere la parola ma il mondo non ti sente prima e non ti vede poi…
Poi mano a mano che la malattia avanza, il cerchio di invisibilità intorno a te si stringe sempre più. Coinvolge le tue conoscenze: il panettiere, il custode … ecco…diventi sempre più invisibile e anche fare la fila alla posta diventa difficile … Ti rendi conto che tu sei il vuoto!
Jean-Claude Izzo l’invisibilità la descrive tristemente bene. È un virus da cui è tragicamente semplice venire contagiati, basta perdere il posto di lavoro, oppure un amore, oppure non superare una prova (un esame all’università, un colloquio) …Insomma entrare nel tunnel della propria mente del non riuscire, del non capire come si può fare… Il passo per automarchiarsi con il tatuaggio del fallito è breve .. Troppo breve.. Ed è un tatuaggio impresso nel profondo della propria pelle … Senza possibilità di risalita… Così si diventa invisibili.
E gli invisibili davvero non li vede nessuno.
Camminando per le strade di Milano in questi giorni mi sono reso conto che gli invisibili sono davvero tanti: C’è un signore che nelle notti non troppo fredde incrocio alla mattina nel mio giro con il bracco alla collina dei ciliegi. Dorme su una panchina di pietra, tutta la sua roba sta in un trolley, ogni mattina si sveglia si veste, mette giacca e cravatta, rimette a posto la sua valigia e inizia la sua giornata. Noi “normali” diremmo che è un barbone, un clochard. Invece lui è “distinto”, pronto per andare in ufficio, se non fosse che forse l’ufficio non c’è e con gli anni i suoi vestiti sono diventanti sempre più lisi come i suoi occhi ormai privi di speranza (spero davvero di sbagliarmi)
L’altro giorno ho visto un uomo in pieno centro, mentre la gente si affrettava per le ultime compere di natale, inginocchiato su un giornale con un cappello che chiedeva la carità, o meglio non la chiedeva, stava lì… Era vestito bene, il viso pulito e sbarbato, ma gli occhi velati e non guardava in viso nessuno, stava in ginocchio come a espiare una colpa.. Ma che colpa? La perdita di un lavoro? La necessità di sfamarsi senza rubare? Era anche lui invisibile, come Garabombo.
Garabombo, quello di Manuel Scorza,  ha dovuto raggiungere il fondo per capire che quella che era una malattia – l’invisibilità – in realtà poteva essere una arma di riscossa e rivoluzione. Garabombo da malato diventa eroe.
Non credo che gli invisibili di cui ho parlato abbiano la forza che serve, Garabombo ci è riuscito perché aveva la comunità dalla sua, ed è quello che serve anche ai nostri invisibili, avere la comunità dei normali dalla loro parte. Sono troppi? Sì è vero sono tanti, anzi forse sono anche troppi, ma lo sono solo perché siamo noi normali che li rendiamo tanti. Basterebbe cambiare un po’ le regole del grande gioco sociale in cui viviamo.
Buon anno a tutti gli invisibili.

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Buoni propositi on the road

4 gennaio 009Ebbene sì, è iniziato anche il 2013. E non si può certo iniziare un
anno nuovo senza dei buoni propositi. Anzi nel mio caso sarà bene che
siano “Ottimi Propositi”, visto che sono un licenziato on the road, e
non mi chiamo Kerouac…
Li ho elaborati mentre intingevo una fetta di Veneziana di Panarello
in una tazza di tè bollente, il mio rito del primo dell’anno, ed
eccoli qua!
a. Ho deciso di tornare a scuola! beh suona un po’ altisonante…
però, mentre valuto che cosa offre la vita in futuro, perché non
cercare di colmare qualche piccola lacuna? Quindi dal 25 gennaio mi
sono iscritto ad un paio di corsi di approfondimento sulla lettura ed
interpretazione del  “Bilancio Aziendale”!! e mi sa che mi iscrivo
anche ad un corso di tedesco di tre mesi per rinverdire la lingua di
Goethe.
b. Vincendo non poca ritrosia e forse anche mangiandomi un po di
orgoglio (mangiar un po’ di orgoglio è depurativo.. tante volte aiuta
a ritrovare una giusta dimensione di umiltà), ho contattato alcune
persone del mio “network”, che mi hanno incoraggiato a condividere con
loro le mie ultime esperienze ed il profilo professionale. Sono in
vari posti del mondo: chi a Parigi, altri a Dubai, altri a Ginevra ed
anche a Shanghai; non se ne farà magari nulla, ma intanto sto facendo
dei gran sogni ad occhi aperti che mi piacciono un sacco: Parigi con
le sue luci e gli Impressionisti (ahhh il Musée d’Orsay); Ginevra  il
lago ed i vigneti a terrazza di Lavaux; ..  Dubai.. (mi ci devo
sforzare) ma ho un amico che  vive li da 4 anni … è un po’ arabo
ormai.. però molto molto abbronzato; Shanghai, la Cina un mondo
incredibile tutto da scoprire come la maggior parte dell’Oriente
c. Nei prossimi due giorni ho in programma una birra e una cena con
persone che non vedevo da anni e che grazie a questa situazione ho
ricontattato. Questo è  già un bellissimo risultato. Perché,
diciamocelo, il lavoro (che di fatto catalizza l’intera vita) ti
allontana da vecchi amici o persone interessanti che hai incrociato
nel tuo cammino, e avere l’occasione per riprendere qualche contatto è
una gran bella occasione,  un successo fantastico di per sé e un
ottimo inizio di 2013. E’ un po’ come riscoprire la bellezza di
camminare per Milano nelle ore di luce della giornata. Goderne l’anima
fatta di gente indaffarata, di  studenti che vanno o bigiano scuola,
delle vetrine che ti attirano, del profumo di caffè  bevuto
comodamente seduto al tavolino del bar, mentre scorri i titoli del
giornale in formato 9,7 pollici, su iPad. Girare anche solo pigramente
per il parco con il freddo del mattino in una giornata tersa per
scoprire collane di cristalli di ghiaccio, che impreziosiscono le
ultime foglie intirizzite dal freddo, prima che il tiepido solo
invernale le faccia svanire per sempre. Un buon 2013 a tutti, il mio
inizia già bene….
http://licenziatoontheroad.blogspot.it/

Stufe e camini contro la crisi

stufe-e-camini-640x426Arriva il freddo, la crisi rende sempre più insostenibili i costi dell’energia e gli italiani si danno alla stufa. O ad un più romantico camino, a seconda delle possibilità. È quanto emerge da una ricerca della Coldiretti in cui si evidenzia che sono oltre sei milioni le stufe e i camini accesi su tutto il territorio nazionale.

E non solo: secondo i dati Istat relativi ai primi sette mesi del 2012, i carburanti alle stellehanno fatto registrare anche un aumento record del 26 per cento delle importazioni di legna da ardere. Dimezzato invece, nell’arco di dieci anni, il consumo di gasolio da riscaldamento.

Il ritorno alle stufe e ai camini dimenticati testimonia non solo un crescente interesse verso questa forma di energia, sostenibile dal punto di vista ambientale e competitiva sul lato economico, ma anche una vera e propria rivoluzione tecnologica che, data la domanda, punta a migliorare ogni giorno di più l’offerta di stufe a legna, caldaie e pellets.

E proprio qui, spiega la Coldiretti “l’industria italiana mostra la sua competitività soddisfacendo oltre il 90 per cento della domanda sul mercato interno, mentre destina quasi un terzo della produzione nazionale alle esportazioni”.

”L’Italia – continua la Coldiretti – è diventata il primo importatore mondiale di legna da ardere nonostante la presenza sul territorio nazionale di 10 milioni e 400 mila ettari di superficie forestale, in aumento del 20 per cento negli ultimi 20 anni. I 12 miliardi di alberi che coprono oltre un terzo della superficie nazionale costituiscono il polmone verde dell’Italia con circa 200 alberi per ogni italiano”.

Pull di salvataggio

Per riavervi dal presenzialismo festaiolo e dall’ansia del “cosa mi metto”, staccate la presa. Un istante tutto per voi, un libro goduto in pace, silenzio e voluttà. Per accrescere l’effetto indossate un maglione a collo alto, morbido, caldo, fedele, allegro come solo le cose familiari sanno essere.

 

Casa a emissioni zero

Un’abitazione speciale, in legno e vetro, a emissioni zero, consumi minimi e niente sprechi. È la casa dei sogni che Massimo Petitti, consulente milanese di innovazione, ha progettato e costruito per sé a Cermenate, tra Como e Milano.

La struttura di 210 metri quadrati, ispirata ai fienili delle Fiandre e progettata dagli architetti Michela Fanchini e Manuela Pighetti, è totalmente autonoma dal punto di vista energetico. Grazie a un sistema di pannelli fotovoltaici collocati sul tetto, l’abitazione è in grado di produrre da sé  l’elettricità necessaria per illuminazione, riscaldamento e cucina: anche i fornelli sono elettrici e non richiedono l’allacciamento del metano.

Il riscaldamento/raffrescamento della casa è controllato invece da un impianto a pannelli radianti, collocato sotto il pavimento e costituito da un liquido che si scalda e si raffredda a seconda delle necessità.  Un sistema di ventilazione ad aria forzata e pretrattata mantiene invece sotto controllo la temperatura e l’umidità.

E ancora, l’acqua viene scaldata tramite solare termico, sfruttando ancora una volta le fonti di energia rinnovabile mentre le pareti multistrato spesse ben 30 centimetri garantiscono un totale isolamento. Senza spifferi né sprechi, l’abitazione ottimizza la gestione del calore e non disperde energia al vento.

Descritta così, la casa potrebbe sembrare una struttura molto complessa la cui costruzione può richiedere mesi e mesi di progettazione e lavori. Invece no. È bastato poco più di un mese per portare a termine la sua realizzazione completa. La costruzione o meglio l’assemblaggio delle diverse parti è stato eseguito da un’azienda austriaca specializzata in prefabbricati di pregio.

Una struttura quindi decisamente ecosostenibile e dagli altissimi standard tecnologici e ambientali, semplice da costruire e tutta da ammirare.

Argento di Capodanno

A Capodanno l’imperativo è fare faville. Invece dell’oro può essere stuzzicante giocare tutto sul più pallido e lunare argento, con una sfiziosa e indimenticabile décolletée. Un pezzo femminile, garbato ma disponibile alle follie, unico e originale: tutti attributi che s’addicono, come auspicio, all’anno nuovo che va a iniziare.

Ballerine per le feste

Bando alle smorfie di sufficienza. I tacchi da suicidio del metatarso non sono un obbligo per le parate da gran feste e non sono garanzia di look riuscito. Se volete godervi Natale e Capodanno in tutta comodità e nel massimo del decoro, volate pure basso ma adagio su delle fidate ballerine. Tanto meglio se con un dettaglio luccicante di cristalli e rivestite per l’occasione da un nobilissimo raso.

Scambio di regali

Quante volte vi sarà capitato di ricevere dei regali agghiaccianti, soprattutto in ambito vestiti e affini, che non avete neanche avuto il coraggio di riportare al negozio per chiedere un cambio.Quante sciarpe finite nel fondo dell’armadio, quanti golf mai messi. Eppure ciò che per voi è brutto per qualcun altro è un capo imperdibile. E allora, se avete un gruppo di amici aperti alle novità, perchè per quest’anno invece dello scambio dei regali non proponete uno swap party? Per capire cosa significa questa forma di festa, guardate questo bel video di Kumo Videolab (operatore di ripresa Patrizio Agabiti, editing Alexey Alankin)

Per Natale, i pesci dimenticati

Arriva il Natale e come vuole la tradizione, sulle nostre tavole, tra i vari piatti tipici sicuramente non mancherà del buon pesce. È bene però sapere che non esistono solo dentice, spigola, orata, aragosta: è possibile preparare delle buonissime pietanze anche con il pesce spatola, con la lampuga la Leccia Stella, alcune tra le tante specie ittiche quasi dimenticate anche se ottime, salutari e soprattutto, visti i tempi di crisi, poco costose.

Nonostante inquinamento e sfruttamento, sono circa 200 le specie ittiche che vivono nelmar Mediterraneo: solo il 10 per cento però arriva con una certa regolarità sui banchi delle pescherie. Il dato è emerso nel corso della presentazione del libro “’L’Italia del pesce” realizzato dall’Accademia italiana della Cucina e attraverso il quale si evidenzia come “la ridotta conoscenza dei prodotti ittici presenti nei nostri mari ha portato i consumatori a scegliere sempre gli stessi pesci, con il risultato che oggi è cresciuta a dismisura la dipendenza dall’estero: nel 2011 le importazioni di specie ittiche hanno raggiunto le 950.000 tonnellate”.

Per questo motivo, l’Accademia, in vista delle festività natalizie invita gli italiani a riscoprire per il menu della vigilia tutte quelle specie dimenticate presenti nei nostri mari in quantità abbondanti ma che spesso e volentieri vengono addirittura ributtate in acqua perché non richieste dai mercati, generando così un grande spreco di risorse ittiche.

Pochi, ad esempio, sanno che la Lampuga è un pesce che in cucina è in grado di sostituire perfettamente pesce spada, cernia e spigola. Anche la Leccia Stella si adatta ad ogni tipo di preparazione: al forno se intera, alla griglia in tranci ed è ottima anche in carpaccio.

La globalizzazione dei consumi che fissa l’attenzione commerciale sempre sulle stesse specie, rischia di oscurare un pezzo della nostra storia gastronomica”, come ha evidenziato Paolo Petroni, presidente del Centro Studi dell’Accademia italiana della Cucina aggiungendo: “Almeno a Natale quindi lasciamo stare pesci costosi come aragoste e astici e riscopriamo il piacere di cucinare specie ittiche tradizionali come ad esempio il pesce azzurro”.

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Piccoli doni per Natale

Se davvero basta il pensiero, come esigerebbero i tempi di ristrettezza, impariamo a regalare tanto con poco. Puntate sull’utile, che è sempre gradito. La pochette in un vivace colore da festa è sempre un ottimo spunto. Oppure una sciarpa, che gratifica sempre il guardaroba invernale. Ad un nuovo paio di orecchini, poi, chi sa dire di no? Tra amiche vere ci si conosce, anche in fatto di gusti. Basterà personalizzare il pacchetto, con l’estro del momento, e accompagnarlo con brevi parole scelte. Un sorriso e un biglietto, per ricordarle con gratitudine quanto sappia rendervi la vita migliore.

Tre regali, tre libri

Poca voglia di far regali in questo Natale incerto e sospeso. E viene subito in mente un libro, ma non uno qualsiasi, uno cercato, pensato, trovato. Ci sono due mie amiche che sono specialiste del genere, arrivano sempre con un libro che sorprende. E che religiosamente leggo dall’inizio alla fine.

Così la prima amica, per il compleanno mi ha regalato Il circolo delle ingrate, romanzo di Elizabeth von Arnim (editore Bollati Boringhieri), cugina di Katherine Mansfield e definita da H.G.Wells “la donna più intelligente della sua epoca”: racconta di Anna, “zitella” inglese di buona famiglia ma senza mezzi, che riceve un’eredità insperata, e decide, con giovanile slancio filantropico, di metterla a disposizione di dodici donne provate dalle asprezze della vita. Scoprirà l’infinita potenza dell’ingratitudine.

La seconda amica invece è arrivata con la storia strepitosamente ricostruita dell’anno orribile 1934 a Berlino attraverso la cronaca dell’arrivo in città dell’ambasciatore americano William E. Dodd, e della sua famiglia. Che assistono increduli e impotenti all’ascesa del Male al potere. Il Giardino delle bestie (Neri Pozza) è firmato da Erik Larson, giornalista e storico americano.

Il terzo libro, e so che me lo concedete, è il Libretto di risparmio (Rizzoli) di Lina Sotis, sì la nostra signora Tranquilla. Non lo segnalo per omertosa gentilezza, ma perché credo che ricevere in dono un libro così non solo possa aiutare a riflettere sui tempi, ma anche accompagnare, con le sue voci aforismatiche, la quotidianità di un anno che si presenta ancora in salita.

Mantella mon amour

Alla mantella spesso non si rende giustizia come si deve. La sua natura è chic e al di sopra delle tendenze, specie se di taglio corto e con fori per la braccia- quella a mantello, con cappuccio, richiede un portamento fuori dal comune (ma mai dire mai in fatto di moda). Usatela come soprabito sulla mise più informale oppure incorniciatevi il look da sera più elegante. Le eroine del cinema passato, dall’incantevole Audrey Hepburn alla più androgina Ingrid Thulin, l’hanno sempre resa magnifica sul grande schermo. Non sarebbe poi male seguirne l’esempio.