Archivio dell'autore: Redazione Quartieri Tranquilli

Murakami Haruki

Gentile Alessandra, faccio parte di un gruppo di lettura che si riunisce una volta al mese. Il libro consigliatoci questa volta è “La fine del mondo e il p&ælig;se delle meraviglie” del giapponese M.H. Io sono una buona lettrice però, stavoolta non riesco ad andare oltre le 2 paginette serali, sono a pag. 30 e sto pensando di mollare. Questo non è da me ma non riesco ad appassionarmici. Lei lo conosce? Qual’è il suo pensiero? Grazie.

Gli strappacuori

Al cinema è appena uscito il Truffacuori (con il sempre efficace Romain Duris). Per assonanza e sentimentalismo, verrebbe voglia di rileggere Lo Strappacuore di Boris Vian. Un estro p&œlig;tico e immaginifico da rispolverare e da cui lasciarsi sorprendere, di tanto in tanto. Cosa ne dici, Alessandra?
Cecilia F.

ANTONIO GALDO – Cibo scaduto?

Solo un super esperto come Galdo poteva spiegarci i segreti dei cibi scaduti. Attenti, dietro c'è un gran da fare. Prima di buttare guardate bene cosa c'è scritto sulla confezione, anche se proprio lei non è molto chiara.

 

Sul mio sito www.nonsprecare.it ricevo diverse mail con la stessa domanda: Il cibo scaduto è sempre da buttare? L’interrogativo non è sbagliato perché dall’equivoco sulla scadenza nascono una buona parte dei nostri sprechi alimentari che ormai toccano livelli impressionanti: circa il 20 per cento della spesa degli italiani finisce nella spazzatura. Così, con molta naturalezza, appena vediamo raggiunta la data di scadenza di uno yogurt infiliamo il vasetto nel cestino. Un errore e uno spreco. In realtà il sistema delle scadenze dei prodotti alimentari, una normativa di fonte europea, come molte norme scritte dai nostri cervelloni super burocrati di Bruxelles non è semplice e trasparente. Pochi sanno che esiste una differenza di fondo tra due tipi di scadenza: una perentoria, “da consumarsi entro”, riservata al cibo fresco, e l’altra, “da consumarsi preferibilmente entro” che invece indica solo un termine minimo di conservazione. Il rebus, tradotto nei fatti, significa che i cibi per i quali la scadenza è “preferibilmente entro” non diventano pericolosi a quella data, ma semplicemente perdono alcune proprietà organolettiche. Si tratta, insomma, di un’indicazione di qualità, non di sicurezza. Per restare allo yogurt, si può tranquillamente mangiare anche dieci-quindici giorni dopo la data di scadenza stampata sulla confezione, al massimo contiene meno fermenti lattici. Così l’olio da tavola, a distanza anche di sei-otto mesi dalla scadenza è sempre ottimo, come la pasta e i pelati, mentre è preferibile consumare le uova non oltre una settimana dalla data di scadenza.
La cosa paradossale è che mentre i consumatori sono informati poco e male, le aziende conoscono molto bene i meccanismi e le regole della sicurezza alimentare. Tanto che attorno al cibo scaduto è nata una nuova attività commerciale, e nuove aziende che fanno affari d’oro. E’ il caso dell’inglese “Approved Food” (letteralmente Cibo Approvato) che su Internet vende di tutto e, da quando è esplosa la Grande Crisi, ha visto decuplicare il suo fatturato. La società consegna su ordinazione, ed entro le ventiquattr’ore, qualsiasi tipo di prodotto alimentare scaduto ma perfettamente commestibile, dal barattolo di Nutella alla pasta made in Italy. Lo sconto, rispetto ai prezzi praticati dai negozi, supera il 50 per cento del costo della confezione. E “Approved Food” ha sempre superato tutti i test della Food Standard Agency, l’agenzia governativa inglese che controlla, con estremo rigore, il settore alimentare in Gran Bretagna. In attesa che i nostri eurocrati si decidano a fare chiarezza sulle norme rendendole più limpide, e magari resistendo alle pressioni dell’industria alimentare che ha tutto l’interesse ad alimentare i consumi attraverso lo spreco di cibo, possiamo ragionevolmente evitare di buttare prodotti ancora commestibili. E possiamo innanzitutto non esagerare quando facciamo la spesa: non siamo in tempi di guerra, e non abbiamo bisogno di scorte eccessive che poi finiscono tra i rifiuti.
 

ANTONIO GALDO Non sprecare

Lo spreco è diventato uno stile di vita. Un’abitudine, con la quale sciupiamo cose materiali (dal cibo agli oggetti) e innanzitutto beni immateriali (dal corpo al talento). Ogni cittadino italiano, per esempio, infila nel cestino della spazzatura cibi ancora integri, e talvolta sigillati, per un valore pari a circa il 30 per cento della spesa, e ogni giorno 180 quintali di pane gonfiano i secchi dell’immondizia in città. A Milano, dove pure la solidarietà non è una parola sconosciuta lo spreco ammonta a mille euro l’anno. Una follia. Per non sprecare abbiamo bisogno di riscoprire il piacere delle cose semplici e di una sobrietà che, in passato, ha fatto parte del codice genetico del popolo italiano. Dobbiamo tornare a riconoscere il valore delle cose, coltivando l’arte preziosa della manutenzione, e distinguendo il necessario dal superfluo (avete dato un occhio, con il cambio di stagione, al vostro guardaroba?). Ma non sprecare è anche un esercizio che ci aiuta a combattere l’indifferenza, il narcisismo, e ci avvicina all’altro, ci consente di vederlo: se impariamo a non perdere troppo tempo sotto la doccia, dieci litri d’acqua al minuto, capiremo meglio e perché un miliardo di uomini e donne nel mondo non hanno accesso alle fonti idriche necessarie per i loro bisogni primari, come lavarsi appunto. Basta poco, per non sprecare, ma può significare tanto.

 

Per sapere di più cliccate Nonsprecare.it, vi aiuterà a capire come potete aiutare la parte più povera del mondo. Se leggete questo articolo e non cambiate abitudini fatevi queste domande: state attenti quando fate la spesa? Riciclate gli avanzi? Chiudete il rubinetto dell'acqua quando vi lavate i denti e vi insaponate? Insegnate ai vostri figli a non sprecare.