In questo giornale spesso ci si chiede se il clima catastrofico della economia può avere effetti depressivi: ho riletto un testo di qualche anno fa illuminante in questo senso. Il libro è stato scritto a due mani da uno psicoterapeuta di origine tedesca ed uno di origine argentina (Schmit e Benasayag L’epoca delle passioni tristi, Universale Economica Feltrinelli) e vede come gli adolescenti risentano del clima sociale. Possiamo allargare anche agli adulti questo punto osservativo? Come la crisi sociale può portare le persone alla sensazione della catastrofe? Dicono gli autori: “La minaccia è iatrogena, tende a rompere tutti i legami tra le persone sul nostro stato di salute”. Come il senso di depressione che respiriamo ogni giorno – licenziamenti/ disoccupazione/ fragilità del contratto di lavoro ecc. – può entrare nella nostra area psicologica? Se nel nostro lavoro abbiamo sempre considerato il mondo interno, ora è importante analizzare l’influenza della “crisi”. Quello che ci circonda, minaccioso per i giovani, incide nella sfera psicologica. Dicono gli autori: “La crisi individuale, psicologica, risulterebbe iscritta in una crisi più generale… in quanto clinici dobbiamo riflettere su questo nuovo disagio che è fonte di molta sofferenza …dobbiamo discernere meglio le fonti del malessere in cui viviamo noi e i pazienti con le loro famiglia …”. Cosa connota questa crisi: da una parte la mancanza ormai generalizzata di un principio di autorità, dall’altra una incerta prospettiva per il futuro (da futuro- promessa a futuro-minaccia). Una vasta letteratura sulla adolescenza prolungata è focalizzata sugli aspetti ansiogeni. Cosa è cambiato nel modo di educare i figli? Il senso della minaccia ha ormai spodestato il senso del “desiderio” nella educazione, senso che dobbiamo invece recuperare nel rapporto con i pazienti. Dunque il problema centrale che pone questo libro è: quali sono i limiti tra una società in crisi e un individuo in crisi. Gli autori parlano di una direzione della cura per lo psicoterapeuta, cioè non avere formule, ma bisogna accostarsi agli adolescenti ed alle loro famiglie considerando i profondi cambiamenti sociali. Gli autori ricordano come nella Germania nazista degli anni ’30 si affermava in modo paranoico la necessità di difendersi, nella nostra società spesso è l’altro – il diverso da noi, il pazzo, il rom – che ci spaventa e noi dobbiamo lavorare per aiutare le persone a uscire da questo tunnel e ridare il senso del legame.
Che bel titolo, che soggetto intrigante, lo leggerò. Grazie ,mia, Teresa-
parole da rileggere con molta attenzione.