Alla fine dell’Ottocento quando uscì di galera – era stato condannato a due anni di lavori forzati a causa della sua dichiarata omosessualità – Oscar Wilde, un tempo scrittore amato e acclamato, si ritrovò in disgrazia, squattrinato e col fisico e l’animo a pezzi. Si mise in viaggio andando prima a Parigi, poi a Napoli poi di nuovo a Parigi, si riunì a Lord Douglas – giovane rampollo dell’aristocrazia inglese – precipitando di nuovo nell’autodistruzione più totale. Ma aveva le sue fiabe, gli restavano le pagine con la storia della statua del principe felice e della rondine… Da tempo Rupert Everett desiderava portare sullo schermo l’amatissimo Oscar Wilde, finalmente ci è riuscito con The Happy Prince dove, nei doppi panni di regista e protagonista, ne ripercorre con controllo e dolore, con grande classe, un’eleganza che a tratti rimanda a Visconti e senza sconti le ultimissime tappe della vita, fino allo struggente commiato a Parigi, tra gli amici più affezionati, lontano da quella Londra che prima lo aveva osannato e poi lo aveva messo all’indice.