Ad Avenchot, un paesino adagiato tra i monti e avvolto, appunto, nella nebbia, è scomparsa Anna Lou, una ragazza sedicenne dai lunghi capelli rossi e il volto cosparso di lentiggini. Tutti gli abitanti nascondono qualcosa e ognuno guarda all’altro come il possibile colpevole. Già, il colpevole. O i colpevoli? Sul caso indaga Vogel, un poliziotto estimatore delle platee mediatiche a dispetto della verità. La ragazza della nebbia – diretto da Donato Carrisi sulla base del suo omonimo lettissimo libro – non mantiene quel che promette, è così confuso e lungo da lasciare spazio a un poco di noia, lo stesso Toni Servillo, bravo sì ma meno di sempre, pare vagare nella nebbia, e noi assieme a lui. Vietato comunque andare oltre e anticipare altro, chissà che ne pensano i fan dell’autore…
“Chiediamolo a Chandler”
Nel 1946 durante la lavorazione del film “Il grande sonno” con Humphrey Bogart tratto da un romanzo di Raymond Chandler, il regista Howard Hawks si accorge che qualche cosa nel plot narrativo non funziona. Il personaggio di un certo gangster di nome Escobar ad un certo punto scompare forse ucciso. Allora Hawks chiama William Faulkner che ha redatto la sceneggiatura per chiedere chiarimenti, ma lo scrittore non è in grado di chiarire lo situazione. Allora Hawks invia un telegramma allo stesso Chandler. La risposta è disarmante:” Non lo so neanch’io che fine ha fatto questo personaggio!!”. L’aneddoto, famoso nella storia del cinema, sembra calcare a pennello quanto è capitato alla fine della proiezione per la stampa di “La ragazza nella nebbia”. Un gruppo di critici fuori dal cinema comincia a discutere (serenamente e pacatamente sia chiaro!!).
Nascono due “scuole di pensiero”. La prima convinta di un certo finale e la seconda di un altro.
I recensori non si danno pace (“vado a casa a leggere la fine del romanzo da cui è tratto il film” dice qualcuno) e rimpiangono di non potere rivedere questo maledetto finale. A nessuno è venuto in mente di pronunciare la frase decisiva: “Chiediamolo a Chandler!!”.