Mary Portman (Naomi Watts) è una psicologa infantile, riceve i piccoli pazienti in uno studio accanto casa – una suggestiva villa dispersa tra le nevi, che come si sa collabora a depistare e a confondere – e si occupa del figliastro, rimasto paralizzato dopo l’incidente nel quale è morto il marito. Un giorno scompare un bambino del quale si prende cura, per la dottoressa iniziano incubi, visioni e tormenti ma in Shut in tutto è previsto e prevedibile, tensioni e spaventi sono ai minimi, la sorpresa finale si delinea da molto prima anche a chi segue poco il genere e poi i continui rimandi di atmosfere e contenuti all’intoccabile e indimenticabile Shining non aiutano.
“Soffri d’insonnia? Vai a vedere un horror!”
Come erano belli i tempi in cui andavamo a spaventarci nel buio della sala cinematografica piena di fumo e con le tende di velluto rosse. Eravamo ingenui e felici e tutto ci faceva paura. Poi a forza di horror, thriller e compagnia bella siamo diventati e cinici e bari. Non ci bastano più i colpi di scena alla Hitchcock. Ci vuole ben altro. Infatti in “Shut in” purtroppo “incubi, visioni e tormenti” (copyright Ilaria d’Andria) non ci fanno un baffo e alla fine ci piacerebbe schiacciare un bel pisolino. Se resistiamo è per rispetto del nostro vicino…
Signori sceneggiatori, lo so che è difficile, ma tirate fuori qualche nuova idea, qualche nuova situazione per farci provare qualche emozione.
Per favore!!
Grazie….