André Bamberski ha vissuto buona parte della sua vita per dare giustizia alla figlia quattordicenne, morta nel luglio del 1982 mentre era in vacanza in Germania con l’ex moglie e col suo nuovo compagno, il medico tedesco Dieter Krombach: la morte di Kalinka viene imputata a un incidente ma il padre non ci crede, da subito dubita e indaga scoprendo che le cose sono andate non come le hanno raccontate ma in tutt’altro modo. Togliere il caso dall’oblio e riaprirlo è difficile tantopiù che coinvolge il tribunale francese e quello tedesco ma André è un padre pronto a tutto, non si perde d’animo, non molla e lotta per ventisette lunghi anni riuscendo alla fine a dare giustizia alla sua bambina.
Tratto da un fatto di cronaca vera In nome di mia figlia è proprio un bel film che trova i suoi punti di forza e di grandezza nella magnifica interpretazione di Daniel Auteuil e nella regia asciutta ed essenziale ma molto efficace e coinvolgente di Vincent Garenq, regista non nuovo in casi giudiziari.
“Una vita alla ricerca della verità e della giustizia”
Sedetevi comodi in poltrona e lasciatevi attrarre dalla vicenda del sig. Bamberski, un polacco naturalizzato francese che, sconvolto dalla tragica morte della figlia adolescente, ingaggia una battaglia legale senza fine con la giustizia francese e soprattutto con quella tedesca alla ricerca della verità e per punire il colpevole, un affascinante medico tedesco compagno della sua ex moglie.
Il tempo scorre veloce davanti allo schermo assistendo al coraggio e alla tenacia di questo signore (storia vera peraltro) che alla fine otterrà dopo quasi trent’anni una parziale giustizia.
Daniel Auteuil nel ruolo del padre tenace è stupendo. Senza quasi essere truccato recita le tre fasi della vita di questo genitore determinato riuscendo a rendere solo con la recitazione la diversità dei periodi.
Una grande prova d’attore per un grande e commovente film.
Non perdetevelo per favore……..