Nella finalissima dei Mondiali di calcio di Rio del 1950 il Brasile fu battuto in casa dall’Uruguay. La sconfitta fu devastante, la ginga andò sotto processo, il paese intero piombò nello sconforto ma fu allora che il piccolo Edson Arantes Do Nascimento – un ragazzino povero che si allenava nelle favelas prendendo a calci i manghi – promise al suo papà di portare di lì a qualche anno il Brasile alla vittoria. Promessa mantenuta, il 29 agosto 1958 il Brasile vinse il Mondiale di Svezia, quel calciatore non ancora diciottenne ormai chiamato da tutti Pelé entrò nel mito facendo conoscere al mondo il suo stile di gioco ed è a questo punto che il film dei fratelli Zimbalist – un biopic poco originale, pieno di cliché, povero di guizzi e girato chissà perché in inglese – si conclude.
“Pelè, un mito del calcio che ci ha fatto sognare!”
E’emozionante vedere su youtube o in televisione i gol fantastici di Pelè, un mito irraggiungibile del calcio mondiale che ha rappresentato la scalata di un ragazzino dalla miseria della sua condizione sociale alla gloria grazie ai campi di calcio. Il film si sofferma in particolare sulla diversità degli stili del calcio, quello di marca europa, elegante, funzionale, schematico e quello brasiliano basato invece sulla cretività, sulla spontaneità, sull’acrobazia dei giocatori. Alla fine vincerà il modo di giocare della tradizione locale. Pelè se lo meritava un omaggio al suo genio. Peccato che il doppiaggio, ma anche l’edizione originale tutta parlata in inglese, nuocciano allo spettacolo. E’ un delitto vedere i ragazzini delle favelas esprimersi nella lingua di Oxford.
Per favore signori produttori siate più seri e meno “atlantici”…..
Grazie !