Un cane, un uomo sotto i sessanta malato terminale e col futuro segnato, il suo migliore amico che vola dal Canada – dove vive – a Madrid per trascorrere quattro giorni assieme a lui: sono questi i punti di partenza di Truman – Un vero amico è per sempre, dei punti di partenza a rischio perché il pericolo di ricattare e manipolare lo spettatore sfinendolo di paure, lacrime e commozione è la strada – di solito – più seguita e – forse – più sicura. E invece no, il regista spagnolo sceglie un’altra via e decide di parlare di malattia e di morte in maniera diretta e quasi usandole come pretesto per tratteggiare l’amicizia tra Juliàn e Tomàs: il tempo stringe, Juliàn rifiuta ulteriori cure, i due amici hanno poco tempo per mettere a punto le cose da fare – a chi lasciare l’adorato cane? e come reagirà Truman alla morte del suo padrone? e ancora: che modello di tomba scegliere? e poi, perché non volare in giornata ad Amsterdam a festeggiare il compleanno del figlio di Juliàn? – e il film le racconta senza pietismi senza cedere al melodramma sempre cercando di alleggerire l’innegabile drammaticità con un sorriso e molti momenti di silenzio.
Poi ci sono due attori in stato di super grazia, Ricardo Darín e Javier Cámara, un bullmastiff bello, fedele e dolce del quale vorremmo prenderci cura e un’invitante e spumeggiante Madrid dove si vorrebbe andare non domani ma oggi stesso.
In sala in sala, portandosi i fazzoletti, il film non è cupo ma è oltremodo triste ed è impossibile non piangere…