Credo che occorra una riflessione condivisa sul femminicidio, che parta prima di tutto dagli uomini. I fatti di sangue, ogni giorno più barbari e crudeli, che hanno per vittime le donne dovrebbero ferire tutti, ma i primi a infuriarsi dovrebbero essere proprio loro. Vorrei sentire la loro indignazione per quello che altri uomini hanno commesso. Questa indignazione c’è, esiste? Perché non la sento? Pensare che non li riguarda, solo perché loro sono “migliori” di altri, è il primo degli errori. Il silenzio appiattisce le coscienze, le rende mute, cieche, sorde. Queste sono ferite che dovrebbe essere sentite e condivise da tutti. Quegli uomini che hanno ucciso potrebbero essere i nostri fratelli, padri o amici. Quelle donne che sono state uccise potrebbero essere le nostre sorelle, madri o amiche. Immagino, sogno, che siano gli uomini a parlare ad altri uomini, nelle scuole, nelle palestre, negli uffici, ovunque. Che siano psicologi, sociologi o semplicemente uomini, vorrei sentirli parlare di questa sottocultura che sta rendendo schiave le donne, uccise per aver avuto il coraggio di dire un semplice “no”. Perché i Quartieri Tranquilli non promuovono quest’autocoscienza condivisa tra uomini e donne?
Ma che paese è il nostro paese? – lunedì 27 maggio 2013 –
Ho sfogliato in questi giorni le prime, le seconde, le terze pagine… dei principali quotidiani e ho trovato solo articoli (per lo più inutili, a mio avviso) sulle elezioni amministrative.
Niente di niente, se non un’elencazione dei fatti, una cronaca del tutto approssimativa su ciò che accade in un determinato giorno: poi più nulla. L’omicidio di una donna, di una ragazzina trattato alla pari di un grave incidente automobilistico.
Non a caso un interessante articolo della Graziottin è comparso su Il Gazzettino.
Ma che paese è questo? Come si può pensare di parlare di politica e di antipolitica se prima, se innanzi tutto, non si avviano dei processi di riflessione, non si propongono mobilitazioni? Cos’è la politica se non occuparsi di questi accadimenti?
Mi sono forse sfuggiti interventi da parte del PD, di SEL, del PDL, ma anche dei movimenti delle donne di “Se non ora quando”, di “Usciamo dal silenzio” su queste fondamentali tematiche? La visione dell’aula del Parlamento (la sede istituzionale della politica) di oggi ha solo aumentato il mio sconforto.
Certo, se i recenti omicidi di donne fossero stati ad opera di extra-comunitari la cosa sarebbe stata diversa: avremmo avuto pagine e pagine sulla sicurezza, sulla necessità di far intervenire l’esercito. Ma comunque, anche in questo caso, cronache di breve durata, giusto fino ai funerali.
La cronaca sull’omicidio della ragazzina si concluderà con la solita fiaccolata, con i soliti applausi al funerale, cioè con una spettacolarizzazione superficiale e inutile. Dopo non succede altro: non è che da lì, il sindaco, gli insegnanti, i genitori, il parroco, i ragazzi, cioè la comunità che è stata colpita si riunisce da qualche parte, in chiesa, a scuola, nelle aule del comune per cominciare a parlare, ad interrogarsi, a riflettere….. no, niente di tutto questo viene mai avviato.
Ma che paese è questo se l’unica cosa che succede è sentire parlare i soliti inutili esperti a Porta a Porta?
Mi sento ferita, addolorata, impotente, è come se fossi circondata da una società anestetizzata, in grado di assorbire qualsiasi evento e di girarsi dall’altra parte.
No, io non ci sto, non ci posso stare. Chiamo a raccolta parenti, amiche e amici perché almeno tra di noi si possa riflettere, discutere, scambiare qualche parola, qualche pensiero…
Anestetizzati, è la parola giusta.
Anestetizzarsi è solo un rimedio per non vedere, per far finta che tutto vada bene. Trovo questo a dir poco sconvolgente non parlare e commentare la realtà dei fatti. Come quartieri Tranquilli non so bene di cosa vi occupate, ma in mezzo a tante giornate di aggregazione fra libri, passeggiate, fiori e discussioni interessanti di gran cultura, mettere in atto un aiuto a disposizione delle donne, credo sia una delle priorità. Quello che è successo a Fabiana deve aprire occhi e cervello, una bambina… una nostra figlia.
Claudia