Negli ultimi anni le pazienti tra i 35/40 anni, che vedo nel mio studio o in consultorio, mi portano il problema della maternità, declinato in vari modi dalla paura al desiderio.
Di qualunque disagio soffrano, sentono sempre più il problema dell’orologio biologico, anche se le chance di gravidanze tardive sono aumentate.
La scelta di diventare o meno madre è influenzata anche dalla crisi economica e dalla impossibilità di un lavoro stabile e sicuro: la realtà si sovrappone al discorso delle fantasie profonde.
Oltre alla difficoltà a rimanere incinta – a cui le nuove tecnologie possono dare un grande aiuto – rimane un problema aperto su quali motivazioni possono portare una donna a desiderare un figlio oppure a schierarsi con le tante donne “ free-child”, che a una maternità biologica preferiscono l’essere creative e “feconde” attraverso l’attività lavorativa.
Insomma il problema maternità sì/no rimane un nodo complesso dove aspetti psicologici e simbolici si intrecciano con aspetti somatici.
La paura del cambiamento fisico o dello stare male durante la gravidanza non è sempre rilevante, il problema di fondo è l’aspetto simbolico: la maternità investe la nostra vita inconscia e il rapporto con nostra madre.
Ho visto vari casi in cui un rapporto conflittuale con la madre portava la paziente a non sentirsi in grado di avere un figlio. Madri troppo idealizzate e ingombranti portano le figlie a un senso di inadeguatezza, di incapacità e di autosvalutazione .
La maternità è un passaggio molto delicato che ricapitola l’intera vita della persona.
Se con la crisi economica la psicoanalisi sempre di più deve fare i conti con il sociale e l’esterno, non deve tuttavia rinunciare a lavorare sugli aspetti fantasmatici e intrapsichici.
Un libro non recente di Silvia Vegetti Finzi, Il bambino della notte, ci ha raccontato che il bambino deve essere pensato, sognato, immaginato: compito del nostro lavoro psicoterapico è accompagnare le donne a capire i loro desideri profondi.
Teresa Pallucchini
..e l uomo ? esiste ancora? c entra in qualche modo,? o sono ignorati ? Tra i desideri/paure di una madre c è qualcosa che sfiora la “vita di coppia” ? un uomo intendo,” non solo spermatozoi ” ! Riguardo alle “free child” non vogliono capire e devono per forza sbatterci il naso sulla ” realizzazione, creatività e fecondità lavorativa ” Oggi ovunque, al numero 1 o 2 del Gruppo dove lavoriamo (al quale si dà la vita anziche pensare a dare la vita a un bambino ) gli azionisti impongono di tagliare, chiunque siamo o crediamo di essere diventati, con freddo calcolo e cinismo. Scatola vuota e via fuori., domani !!! A quel punto che resta alle “free child”? Prostituirsi in qualche forma ? A 40/45 anni ? Con la concorrenza e affollamento che c è sotto le scrivanie….è dura. Cosa c è di più travolgente ed entusiasmante di una maternità, Un figlio tuo ? Altro che lavoro…..
Certo che l’uomo esiste ancora! ecchediamine! sia come maschio fecondatore (in two is meglio che uan…) che come compagno di avventure, che come genitore.
Che ben vengano, quando avranno voglia di esserci!
Scorgo un mucchio di maschi ‘mordi e fuggi’ che faticano a cambiarsi i panni da narciso conquistatore a padre di famiglia; da amico for ever a padre per sempre.
Gestanti non lo possono essere, per il momento e in fondo, non è necessario, grazie; gli addomi prominenti degli uomini non sono mai fecondi, mentre quelli gravidi delle donne hanno un fascino particolare fatto di speranze e di paure, appunto, come si diceva, ma è una cosa intima, femminile: siamo noi che andiamo a fare le ecografie e abbiamo le nausee! Voi pensate a farci sentire desiderate anche se ‘indisposte’… poi vedete che sarà naturale condividere la genitorialità, ma ognuno coi suoi compiti. Nulla si vuole togliere al ruolo maschile, anzi!
E ricordiamoci dei versi di quella, ormai antica, canzone di Guccini:
“Per fare un uomo ci voglion vent’anni,
per fare un bimbo un’ ora d’amore,
per una vita migliaia di ore…”
Ciao!