Vita e opera, tra illusioni e disillusioni, di László Tóth, architetto ebreo di origini ungheresi sopravvissuto ai campi di concentramento e poi emigrato pieno di sogni e speranze nel 1947 in America, terra promessa laddove ebbe l’incarico dall’ambizioso imprenditore Lee Van Buren di realizzare un monumento modernista che ne celebrasse la grandezza: arriva finalmente oggi nei cinema il pluripremiato The Brutalist di Brady Corbet, peraltro candidato a dieci Oscar, un film ambizioso e bello – anche se non in tutte le sue parti soprattutto in quella finale – che attraverso la vicenda di un personaggio inventato (magnifico Adrien Brody) indaga sulle radici, e le sfumature, del male, fluviale (3 ore e 35 minuti più un intervallo di 15) la lunghezza.