Marc Sadler, designer delle materie plastiche, pluripremiato con il Compasso d’Oro e che ha lavorato per Flos, Foscarini, Dainese.
Intervista a cura di Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte
Qual è il suo quartiere?
Vivo e lavoro nel quartiere Giambellino-Lorenteggio.
Il quartiere ha una sua identità precisa? E qual è?
E’ un quartiere dalle molteplici identità che forse più di altri ha subito negli anni una evoluzione radicale accompagnata da una profonda spaccatura sociale. Dopo la guerra era una zona con una forte concentrazione di fabbriche che avevano sostituito campi e cascine, con le fabbriche sono poi nate vaste aree abitative destinate agli immigrati dal sud Italia. Oggi quelle case sono abitate quasi esclusivamente da immigrati extracomunitari. Ma il quartiere è socialmente variegato: oltre a una forte presenza della comunità ebraica che abita in edifici signorili, ci sono gli abitanti delle ex aree industriali recuperate per farne loft ad uso residenziale o show room.
Chi vi abita si riconosce in lui?
Io sono tra i primi arrivati dell’ultima ondata immigratoria (nel 1997 ho acquistato uno spazio all’interno dei uno dei primi lotti recuperati da una vecchia fabbrica di contatori del gas), ed essendo straniero forse non percepisco in pieno il sentire delle persone che vivono qui da sempre. So che quarant’anni fa il quartiere era popolare e molto solidale, ho l’impressione che oggi sia più difficile riconoscersi in questo luogo multietnico: fa fatica il proletario italiano in lotta con gli immigrati per le case popolari, così come la signora piccolo borghese che rimpiange la Milano che fu, e anche gli stilisti e i professionisti dell’ultima ora che provengono da esperienze diverse e non hanno qui un vissuto.
Ha una storia, aneddoto, episodio interessante sul suo quartiere?
Nessun aneddoto specifico, ma mi piace moltissimo un evento, Gran Fondo di nuoto, che si svolge ogni anno quando una serie di coraggiosi volontari gareggiano a nuoto nelle acque del Naviglio Grande. E’ un momento più ludico che sportivo, che termina a tarallucci e vino, davvero divertente.
In questi ultimi anni il quartiere è cambiato molto?
Moltissimo, come dicevo non ho esperienza diretta ma mi sono documentato. C’è anche un apposito sito con interviste agli abitanti storici del quartiere che ne riportano storie e fotografie impensabili.
Quali sono i difetti del quartiere? (rumore, movida, traffico, carenza di mezzi, troppi negozi) Ho la fortuna di avere “casa e bottega” a pochi passi ma quando deve spostarmi con i mezzi (che nello specifico si tratta essenzialmente del tram 14) è bene accendere preventivamente un cero a qualche santo perché non arriva mai. Adesso siamo in pieno caos per la costruzione della metro blu e non si vede l’ora venga l’alba del giorno in cui ne beneficeremo. Per quanto riguarda i negozi trovo che in certe zone ci sia un’esagerata concentrazione di locali à-la-mode destinati alla movida (via Savona, porta Genova) a scapito di un’oggettiva mancanza di negozi dove poter fare la spesa evitando il super.
Quali sono le cose belle?
Le molte associazioni operanti sul territorio sono una grande risorsa per la rinascita di un quartiere difficile ma tutt’altro che morto. E poi penso al progetto G124 di Renzo Piano che con i giovani architetti del gruppo ha realizzato un progetto di rammendo (così lo definiscono, e trovo questa parola molto bella oltre che del tutto appropriata) per “riparare, mantenere e abitare in periferia“, non concepito dall’alto ma, al contrario, dando voce alle indicazioni degli abitanti e delle associazioni che sono appunto molto presenti.
C’è un mercato e lei ci va?
C’è un mercato comunale che risale agli Anni 50 e che è stato recentemente ristrutturato per diventare nuovo centro di vita e di aggregazione nel quartiere: oltre ai negozi per la fare la spesa e le aree di degustazione, vengono organizzati eventi che ne fanno un piccolo laboratorio culturale. Io però non lo frequento molto perché troviamo più comodo il mercato rionale di via Vespri Siciliani che ha dei banchi di frutta e verdura estremamente forniti e raffinati.
Il Comune di Milano, secondo lei, lavora bene per rendere migliore la città?
Ho l’impressione di sì, e speriamo che il nuovo sindaco mantenga le promesse della campagna elettorale. Colgo però l’occasione per denunciare una situazione vergognosa che vivo ogni giorno passando nei pressi della ricicleria di via San Cristoforo. Vi staziona davanti, in maniera pressoché stabile, un nutrito numero di rom molto convincenti a farsi consegnare i rifiuti dalle persone dirette alla ricicleria. Sono cose destinate al macero che gli zingari abbandonano nella quasi totalità in malo modo lì nei pressi. Capisco che la responsabilità è anche delle persone che accettano di consegnare loro le cose per evitare qualche minuto di coda, ma a fine giornata lo spettacolo è indecente, senza contare il fatto che gli operatori Amsa sono costretti ad un doppio lavoro. Questi rom sono anche responsabili della gestione mafiosa del parcheggio delle auto lungo la via San Cristoforo: miei collaboratori di studio mi riferiscono che se non si paga l’obolo a fine giornata la macchina è sicuramente strisciata. La situazione è sotto gli occhi di tutti e non capisco come non sia possibile trovare una soluzione a questa situazione indegna.
C’è qualcosa che consiglierebbe al Comune per migliorare il suo quartiere?
La ricetta è semplice: se un posto è sporco, brutto e non c’è nulla da fare, la gente se ne va o se resta rischia di abbruttirsi e delinquere. Il Comune ha tutto l’interesse a far sì che le periferie, quindi anche il Giambellino-Lorenteggio, diventino posti in cui è piacevole vivere.
Nel suo quartiere ci sono aree verdi e sono curate?
Trovo che in Italia la manutenzione degli spazi pubblici sia una pecca. Si fanno i giardini pubblici e molto spesso li si lascia andare in malora. Sotto questo aspetto in Francia le cose vanno meglio, i giardini sono spesso più puliti e curati, anche in periferia.
Lei fai qualcosa per il suo quartiere? O le piacerebbe farlo?
Francamente no, aldilà di mantenere un comportamento civile non so cosa oggettivamente sarei in grado di offrire, ma non mi tirerei indietro se ci fosse la necessità di dare un contributo