Un divano a Tunisi, un film di Manele Labidi

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Selma Derwich, psicoanalista 35enne cresciuta a Parigi, torna nella sua casa alla periferia di Tunisi con una missione: aprire uno studio per esercitare la sua professione e far stendere su un divano sistemato in terrazza i suoi connazionali, diversamente bizzarri e frustrati, per aiutarli a superare il loro mal di vivere, all’indomani della rivoluzione. Ma la diffidenza è tanta, a partire da quella della famiglia, la burocrazia è implacabile, e un poliziotto la boicotta, per fortuna che a vigilare ci pensa Sigmund Freud in persona, nientedimeno… È da oggi nelle sale Un divano a Tunisi, opera prima della regista francese con origini tunisine Manele Labidi, una commedia agrodolce che attraverso le vicissitudini di Selma tenta di raccontare, divertendo, un paese dopo la dittatura, i vivaci pazienti forse tendono un po’ troppo alla macchietta ma anche se il film alla fine resta al di sotto delle premesse Golshifteh Farahani illumina ogni scena ed è talmente brava da stravalere da sola il prezzo del biglietto.

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