L’albero dei frutti selvatici, regia di Nuri Bilge Ceylan

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poster-wild-pear-tree-theFresco di laurea Sinan (Aydın Doğu Demirkol) torna da Ankara nel villaggio sperduto dell’Anatolia dove è nato e dove vivono i suoi cari. Vuole fare lo scrittore Sinan e gli servono i soldi per pubblicare il suo libro ma il complicato rapporto con il padre, maestro di scuola col vizio del gioco quindi oberato di debiti, rende le cose parecchio difficili. L’albero dei frutti selvatici di Nuri Bilge Ceylon – il regista di C’era una volta in Anatolia e Il regno d’ Inverno – è come le precedenti un’altra storia dai tempi ampi e lenti (tre ore e otto minuti) dove attraverso gli incontri di Sinan e i lunghi e verbosi dialoghi si parla della Turchia di ieri e di oggi, delle sue tradizioni, delle sue contraddizioni. La lunghezza è funzionale a cogliere le trasformazioni dei personaggi – così come le immagini peraltro molto belle e suggestive servono a scandire lo scorrere del tempo – e il tutto affascina, avvolge e ipnotizza ma a tratti sfinisce anche un po’.

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