Un uomo senza nome (Valerio Mastandrea) siede sempre allo stesso tavolo del ristorante The Place. Se ne sta seduto lì tutta la giornata, senza alzarsi mai, ogni tanto mangia, beve caffè di continuo, intanto uomini e donne diversamente in ansia (Giallini, Rohrwacher, Puccini, Papaleo, Muccino, D’Amico, Marchioni, Borghi e Lazzarini) si alternano al suo tavolo, si confidano, esprimono un desiderio, spesso aldilà della decenza, e gliene chiedono la realizzazione. Lui li ascolta, prende appunti su un quaderno, annota dettagli, a ciascuno risponde che sì, si può fare, ma a un prezzo. Già, a un prezzo, dove il prezzo è in più dei casi un’azione tremenda, come piazzare una bomba, violentare una donna, uccidere un bimbo. Come si comporteranno i nove avventori? Fino a dove si spingeranno pur di concretizzare il loro sogno? Mentre i vari personaggi continuano ad alternarsi al tavolo, riferendo via via all’uomo misterioso gli sviluppi delle loro storie – qualcuno ha deciso, qualcuno tentenna, qualcuno è lì lì per rinunciare -, la cameriera del bar (Sabrina Ferilli) contatta quel cliente fisso con delle domande… A due anni dal successo enorme e imprevisto di Perfetti sconosciuti Paolo Genovese ri-sceglie l’unità di luogo e di azione e torna nelle sale con The Place, un film che ispirandosi alla serie Tv The Booth at the End vuole provocare per non dire disturbare il pubblico e farlo riflettere su etica e morale e i lati più oscuri dell’animo umano, ma se la partenza è avvincente e incuriosisce a un certo punto il meccanismo si inceppa e si aggroviglia su se stesso, il che nulla toglie a un’operazione senza dubbio coraggiosa.