New York, 1944. Canta male Florence Foster Jenkins, stonatissima come è. Ma canta lo stesso, perché ama il canto e la musica, perché quando canta sente una voce intonata, perché è ricca sfondata quindi finanziatrice generosa impegnata in mille progetti quindi assecondata e protetta nella folle impresa di esibirsi nientedimeno che alla Carnegie Hall – dinnanzi a un pubblico non controllato – dal marito St. Clair Bayfield, dal maestro di canto Cosmé McMoon nonché da compiacenti giornalisti…
Chi ha visto Marguerite di Xavier Giannoli conosce già la storia del soprano più stonato del mondo, vissuto dal 1868 al 1944, ma se il regista francese ha spostato la vicenda nella Parigi degli anni Venti, Stephen Frears sposa tempi e luoghi e attraverso questa briosissima commedia di costume su di una donna all’oscuro della sua incapacità totale nel canto ma spinta da vera e genuina passione ci consegna una bella riflessione sulle molto umane debolezze.
Meryl Streep è strepitosa ma lo è come sempre, quindi niente di nuovo, a raggiungere qui la perfezione c’è anche l’ ormai maturo Hugh Grant, nel ruolo del marito.