Un americano a Parigi, regia di Vincente Minnelli

di

ameOltreché i quattro film di (e con) Jacques Tati e i quattro film interpretati da Gene Tierney da qualche giorno brilla nelle sale un altro gioiello senza tempo fresco di restauro e in versione originale con sottotitoli in italiano, è Un americano a Parigi di Vincente Minnelli, del 1951.

Jerry Mulligan – un giovane pittore americano senza un soldo (Gene Kelly) di stanza a Parigi dopo la fine della seconda guerra mondiale – è corteggiato da una signora ricca sfondata ma innamorato di Lise, una ragazza bella e povera (Leslie Caron) fidanzata però con l’amico Paul: se bastano poche righe per ricordare la trama semplice semplice, ce ne vorrebbero molte di più per descrivere la messinscena meravigliosa con coreografie bellissime e coloratissime e con scenografie che richiamano grandi quadri di grandi artisti, sulle famose musiche di George Gershwin, ma a che servono parole, lodi e aggettivi quando si ha possibilità di andare al cinema a godersi lo spettacolo coi propri occhi e le proprie orecchie?

In sala in sala… sarà come farsi un bel regalo, uscirete soddisfatti e contenti.

Un pensiero su “Un americano a Parigi, regia di Vincente Minnelli

  1. pierfranco bianchetti

    “Preferite Fred Astaire o Gene Kelly? ”
    Si sa che noi apparteniamo a un paese di guelfi e ghibellini. Coppi o Bartali, Callas o Tebaldi, Loren o Lollobrigida, Milan o Inter, Juve o Toro. Per motivi storici l’Italia è da sempre divisa in fazioni.
    Perciò a voi la scelta, la danza elegante e raffinata di Fred Astaire oppure quella più atletica e fisica di Gene Kelly.
    Comunque anche se siete fans del primo non perdetevi “Un americano a Parigi” con i suoi colori indescrivibili, i numeri di danza strabilianti, la simpatia di Gene Kelly con quel suo viso sorridente e allegro e la classe dei suoi movimenti.
    Uno spettacolo indimenticabile per gli occhi e naturalmente per le orecchie deliziate dalla musica di Gershwin.
    Quando Hollywood e i suoi musical riempivano le sale di tutto il mondo.
    Ben vengano perciò le riedizioni dei classici utili per chi non ha mai potuto vederli per motivi anagrafici e per chi li vuole gustare di nuovo a distanza di anni.
    Quindi (Ilaria docet !!) tutti in sala, in sala, in sala, avanti signori che c’è posto!

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