Oggi, in Yemen.
Nojoom ha dieci anni e una famiglia numerosa, così il padre la concede in sposa a un uomo molto maturo, una bocca in meno da sfamare è comunque qualcosa. Ma Nojoom non ci sta, si batte per affermare i suoi diritti di bambina e riesce a divorziare. Ci sono dei film meritevoli di essere visti più per cosa raccontano che per come lo fanno e La sposa bambina – scritto e diretto dalla prima regista yemenita Khadija Al-Salami – è uno di questi. Sacrosanta quindi e necessaria la denuncia sociale delle spose bambine e l’accusa delle infanzie violate, belli e suggestivi gli scorci di Sana’a e dei suoi dintorni ma un po’ acerbo e didascalico lo svolgimento.
“Dalla parte dei più deboli”
Il cinema è forse il più grande strumento comunicativo nato nel XX secolo. Attraverso le immagini si può ridere, ci si può divertire o avere paura, ci si può rilassare, ma anche riflettere, capire, sapere. E’ quello che succede a chi andrà vedere “La sposa bambina”, un messaggio contro la violenza e il sopruso contro leggi arcaiche e vergognose. Bravissima è la piccola attrice che con i suoi occhi grandi e il suo viso determinato ingaggia una battaglia legale per uscire dall’incubo nel quale è stata calata, diventare la sposa di un uomo bruto e incivile tipico rappresentante di una cultura (?) becera e arretrata.
Ci si commuove e si fa il tifo dalla prima inquadratura per la battaglia della ragazzina che vuole ottenere il divorzio e quindi il ritorno alla sua famiglia di origine.
E noi siamo dalla sua parte.
Allora non ci resta che il motto ilariano “in sala in sala”……