Valentina Strada, giornalista
Qual è il suo quartiere?
E’ un non quartiere, nel senso che vivo al confine tra il quartiere Chiesa Rossa, lambito dal Naviglio Pavese, un tempo ultimo spicchio di città verso Sud e i nuovi insediamenti che da piazza Abbiategrasso, dove nel 2005 è arrivata la linea verde della metro, si allungano verso Gratosoglio.
Il quartiere ha una sua identità precisa? E qual è?
No, è piuttosto sfaccettata. Di qui quel che resta di una parte della vecchia Milano, di là i palazzi dei quartieri Le Terrazze e Missaglia e poco oltre le otto torri bianche “dormitorio” del Gratosoglio progettate negli anni ’60 dallo studio BBPR.
Chi vi abita si riconosce in lui?
No, ormai è un melting pot di diverse identità (persone, lingue, abitudini, religioni) che si intrecciano, interagiscono o si scansano. Qui, dove una volta si parlava quasi solo milanese, ora è difficile sentire la lingua del Porta, un parlare che sopravvive ormai quasi esclusivamente nelle tradizionali feste popolari che si tengono in alcune occasioni (falò di Sant’Antonio, festa degli Aquiloni, festa di San Martino e altre) nella cascina Campazzo del Parco del Ticinello, territorio agricolo, vero polmone verde ai margini della zona Sud della città.
Ha una storia, aneddoto, episodio interessante sul suo quartiere?
Il recupero della chiesetta di Santa Maria alla Fonte lungo il Naviglio Pavese: un gioiello duecentesco romanico-lombardo che fa parte del complesso Cascina Chiesa Rossa. La chiesetta deve il suo nome alla presenza di un fontanile che esisteva già nell’antichità e dava il suo nome a un insediamento rurale (località Fonteggio) ricco di terra fertile e ben irrigata (non a caso qui nel dopoguerra erano molto attive le fabbriche delle cartiere Binda e Verona e quella del cotonificio Cederna, lavorazioni che richiedevano l’impiego di molta acqua). La chiesa, dopo un primo intervento di restauro negli anni ’60 che portò alla luce le fondamenta di una chiesa paleocristiana e un mosaico del V secolo, fu abbandonata fino agli anni ’90 quando, grazie a un comitato di cittadini, i lavori di recupero poterono essere ripresi e ultimati e la chiesetta, con l’arrivo dei frati cappuccini, fu riaperta al culto. Merita davvero una visita.
In questi ultimi anni il quartiere è cambiato molto?
Sono scomparse alcune attività commerciali (drogherie, salumerie, cartolerie, negozi di scarpe e tessuti, materiale elettrico, abbigliamento) subito soppiantate da pizzerie, gelaterie, kebab, alimentari etnici, orlo svelto. Dei negozi storici è rimasto solo il fornaio Gelmini (dal 1903 pane e panettoni squisiti) che però non ha resistito alle sirene del cambiamento e tre anni fa ha ristrutturato il negozio facendo incidere sulla vetrina “Con voi da 110 anni”. Gli anni passano ma per la sua storia resteranno sempre 110! Invece, se si fa un passo indietro di una sessantina d’anni, si scopre che il tessuto sociale allora era prevalentemente fatto di industrie (Vannucci, cerniere-lampo, che impiegava quasi solo operaie; e poi Cazzulani, dolci; Fonit-Cetra, dischi; Mamoli, rubinetteria) e piccoli laboratori artigianali. La percezione dei cambiamenti si ha anche solo sfogliando il giornale di zona 5 (cui appartiene il mio quartiere), Milanosud, un utilissimo strumento per conoscere la vita del quartiere, del consiglio di zona, le sue attività e le sue iniziative sociali e culturali (da qualche anno organizza un premio letterario molto seguito) e d’intrattenimento.
Quali sono i difetti del quartiere? (rumore, movida, traffico, carenza di mezzi, troppi negozi)
Il traffico soprattutto e la scarsa illuminazione. Il quartiere è molto ben collegato col centro (due linee tramviare, 3 e 15, e la metro 2) ed è la porta di accesso alla città del traffico proveniente dall’hinterland sud.
Quali sono le cose belle?
Oltre alla chiesetta di cui ho parlato, una grande attrattiva è la bellissima biblioteca comunale adiacente, ospitata dal 2004 nella struttura restaurata dell’ex stalla di una grande cascina lombarda del ‘600. Tra le sue raccolte, da segnalare quella di titoli in lingua russa. Nel quartiere sono presenti molte donne ucraine e ogni anno in diverse famiglie sono ospitati minori sui quali il disastro di Chernobyl continua negli anni a produrre conseguenze. Ma è l’intero complesso della Cascina Chiesa Rossa e del suo parco che, non appena saranno terminati gli ultimi lavori di restauro, diventerà ancora più importante per il quartiere.
C’è un mercato e lei ci va?
Anche il vecchio mercato rionale coperto ha cambiato pelle. Ora diversi stand sono chiusi, la concorrenza delle vicine Carrefour ed Esselunga si è fatta sentire. E’ frequentato soprattutto da anziani che fanno la spesa di giornata e non possono andare in auto nei supermercati.
Il Comune di Milano, secondo lei, lavora bene per rendere migliore la città?
Milano nel complesso è migliorata ultimamente: lo si vede dalla presenza di turisti attratti da cultura, moda, design. Per il resto, nonostante il leit motiv ricorrente delle periferie da valorizzare, non ho ancora visto grandi miglioramenti. Aspetto con curiosità e interesse, per esempio, l’intervento di Renzo Piano al Giambellino.
C’è qualcosa che consiglierebbe al Comune per migliorare il suo quartiere?
Mi piacerebbe vedere ogni tanto il vigile di quartiere. Ma c’è? Vicino a casa mia c’è anche una caserma dei carabinieri, ma non mi capita mai di vederne uno in giro per le strade. E poi, soprattutto attorno al capolinea della nostra metropolitana, c’è sempre molta sporcizia. La presenza di venditori abusivi genera un viavai che lascia sempre tracce per terra.
Nel suo quartiere ci sono aree verdi e sono curate?
Sì, c’è molto verde ed è molto curato. Ci sono anche belle piste ciclabili, però sono puntualmente trascurate dai ciclisti.
Lei fai qualcosa per il suo quartiere? O le piacerebbe farlo?
Faccio quello che penso ogni cittadino dovrebbe fare. Rispettare la cosa pubblica. E quando vedo qualcosa che non va, ho l’abitudine di segnalarlo a chi di dovere. Mi è capitato di trovare ascolto.