Tra le tante tantissime celebrazioni del quarantesimo anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini c’è anche il ritorno in sala soltanto per due giorni – nell’edizione restaurata dalla Cineteca di Bologna proiettata all’ultima Mostra di Venezia – di Salò o le 120 giornate di Sodoma, ultimo film di Pasolini che trasferisce il romanzo di De Sade ai tempi della Repubblica di Salò.
Lunedì 2 e martedì 3 novembre all’Anteo e all’Apollo: per gli orari e per altre notizie: www.spaziocinema.info
“Pasolini ultimo atto”
Chi ha paura di Pier Paolo Pasolini a quarant’anni dalla sua tragica scomparsa? Amatissimo in Francia e in altri paesi uno dei nostri più importanti intellettuali del Novecento rimane ancora un pianeta inesplorato e misterioso circondato da una sorta di barriera invisibile. Progressista, reazionario (odiava il 68), popolare, provocatorio e polemico con il suo ultimo film uscito dopo la sua morte “Salò o le 120 giornate di Sodoma” firma un’inquietante metafora sulla violenza del potere dominante nella società dei consumi e del sesso concepito come mercificazione dell’uomo.
Il sadismo rappresentato sullo schermo attraverso i ricordi di orrore e di terrore evocati da Sade e dalla Repubblica nazifascista di Salò non è altro che l’ Italia senza amore degli anni Settanta. La vicenda della pellicola si svolge nello spazio di tre giorni e in due località, a Salò ultimo baluardo di Mussolini e a Marzabotto dove i nazisti uccisero gli abitanti di un intero paese.
Sarà interessante rivedere con gli occhi di oggi questa opera cruda e carica di dolore. Quel dolore che hanno provato in tanti ripensando alla tragica notte di Ostia nella quale moriva una delle personalità più generose, indifese e insostituibili della nostra cultura.