Joseph Mallord William Turner (1775-1851) è un uomo sgraziato, scostante e sgradevole, si esprime attraverso grugniti, ha rapporti sessuali quasi animaleschi, cammina barcollando, si veste di stracci e fa di tutto per essere antipatico all’establishment inglese, e anche alla regina Vittoria, riuscendoci benissimo, però è uno dei maggiori paesaggisti di sempre, in anticipo sulla pittura che verrà, sempre alla ricerca di una risposta, che nel suo caso è riposta nel pennello: ecco “Turner” di Mike Leigh che racconta gli ultimi 25 anni di vita dell’artista – quando il passato umile e difficile è alle spalle ma quando, pur rientrando tra i grandi della Royal Academy, insoddisfatto continua a cercare risposte da dare ai suoi tormenti – in centocinquanta minuti mai agiografici né patinati e convenzionali dove i tumulti dell’animo del maestro sono resi alla perfezione dalle marine in tempesta.
Non c’è quasi azione – chi la cerca è meglio si astenga e scelga altro – e il film è senza dubbio lungo, o meglio: allungato, e a tratti anche noioso, ma la bellezza di immagini e colori, molte scene come quella della “fotografia” e la magistrale interpretazione di Timothy Spall ne fanno un gran bel film.