Voi direte: che c’entrano i mandarini con l’opera teatrale? Come già sapete, tutti gli anni, da qualche anno a questa parte, i detenuti di San Vittore, uomini e donne, si uniscono a molte persone venute dall’esterno: magistrati, avvocati, politici, persone dell’alta borghesia e della cultura milanese nel panottico di San Vittore per assistere alla diffusione in diretta della prima opera d’apertura della Scala, quest’anno è stato Fidelio di Ludwig van Beethoven. Per tutti noi poter condividere una serata così eccezionale è un avvenimento molto gradito che ci fa sentire parte della società.
Quest’anno, poi, si trattava di un’opera che molto aveva a che vedere con noi, a partire proprio dal contesto: la prigione e dai costumi indossati dai cantanti: erano identici ai nostri vestiti; platea e palcoscenico erano la stessa cosa. Noi, gente comune che non conosceva l’opera, abbiamo però saputo apprezzare con un lungo applauso questa grandiosa partitura che ha toccato il profondo dei nostri cuori perché parla di una storia d’amore, di lontananza dagli affetti, di sofferenza e patimenti, ma anche di trionfo della giustizia e dell’amore.
Finito lo spettacolo, come l’anno scorso ci siamo diretti nel lungo corridoio del primo raggio dove ci aspettava il buffet preparato dalle nostre colleghe e dal cuoco Stefano, un classico risotto alla milanese; siamo stati accolti dal profumo inconfondibile dei mandarini freschi che troneggiavano nei tavoli e che pareva ci invitassero a sbucciarli subito e dal soffice aroma del panettone appena tagliato che diceva: mangiami, mangiami!
Per un istante mi sono sentita trasportare sulle ali della libertà, per un istante sono stata anch’io diversa da tutti i giorni. Anche noi abbiamo avuto il nostro Fidelio: sul palcoscenico arrivavano i fiori e a San Vittore i mandarini!