Ottantacinque minuti: tanto dura il viaggio nella notte di Ivan Locke – stimato costruttore edile atteso a casa da moglie e figli e da una partita trasmessa in tv da vedere tutti insieme – a bordo di una Bmw, dal cantiere a Londra. Per il giorno seguente è fissata un’importante colata di cemento ma lui può soltanto organizzarla con scrupolo e non presiederla perché la telefonata di una donna sta travolgendo – e riscrivendo – la sua vita, e se prima di quel tragitto Locke aveva un lavoro, una casa e una famiglia – insomma delle solide fondamenta -, telefonata dopo telefonata (in viva voce) e chilometro dopo chilometro si ritrova senza più nulla.
Interamente e splendidamente girato dentro l’abitacolo dell’automobile e ancora interamente nonché splendidamente interpretato da Tom Hardy, Locke è un film potente sull’assunzione di responsabilità in seguito alle azioni commesse e in quella macchina – partecipi del dramma morale del protagonista – finiamo catapultati pure noi spettatori.
Per ottantacinque minuti serrati, emozionanti e intensi, tanto dura Locke.