Partorire senza dolore, un diritto “sospeso”?

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Paola d’Amico ne scrive sulla Ventisettesima ora:

Il parto senza dolore rischia una battuta d’arresto in Lombardia. È quanto temono anestesisti rianimatori e ginecologi che, attraverso le rispettive società scientifiche, scriveranno ai vertici del Pirellone, chiedendo udienza, urgente. I loro timori si fondano su un dato di cronaca. Nel 2005, quando dopo una battaglia durata anni il parto senza dolore (cioè con anestesia epidurale) fu introdotto nei Lea (livelli essenziali di assistenza), la Regione decise di coprire i costi non pagando i singoli interventi dell’anestesista ma il servizio complessivo garantito dall’ospedale che si organizzava per le sue pazienti, sotto forma di funzione non tariffabile, come si fa per i pronto soccorsi o i trapianti d’organo. Le nuove “regole” per il 2014, cioè lo strumento con cui la Regione dice come distribuirà i finanziamenti in materia sanitaria, cancellano la «funzione integrativa per parti effettuati in analgesia». E rinviano il riconoscimento di tale attività a “future negoziazioni”. Con chi? Si domandano i professionisti che negli anni Novanta hanno guidato la battaglia in difesa del diritto delle donne al parto con epidurale. Nel 2012 per il parto senza dolore furono stanziati 5 milioni di euro. Lo scorso anno uno in meno. Il futuro lascia margini d’incertezza. Calano i parti oggi, in Lombardia (91mila nel 2012), come nel paese intero. Ma, forse proprio grazie all’introduzione dell’epidurale, è calato vistosamente anche il ricorso al taglio cesareo (25 mila contro i 28mila del 2009). Nel 2001 l’Istat registrava che solo il 3 per cento delle donne partoriva con anestesia epidurale. A pagamento, in casa di cura. Un anno prima, nel 2000 il Comitato etico nazionale aveva sancito il diritto delle donne a scegliere come partorire, con o senza dolore. Oggi, in 62 punti nascita della Regione su 75, le donne possono chiedere di mettere al mondo un figlio senza dolore. Ci sono punte, come nella Clinica Mangiagalli, dove la percentuale di copertura è dell’80 per cento. In media, in Lombardia, il 20 per cento delle donne che lo scorso anno ha avuto un figlio per via naturale ha potuto accedere all’anestesia epidurale. Primi in Italia, sempre fanalino di coda d’Europa, superati anche dalla Spagna (35%). Aggrappati alla speranza di non fare passi indietro.

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