Riparare: la nuova moda globale

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Riparare, e non essere costretti sempre e comunque a ricomprare. Come una valanga, alimentata anche dagli effetti della Grande Crisi, sta esplodendo nel mondo una nuova moda: riparare gli oggetti. Quando un computer, un cellulare, un elettrodomestico, non funzionano, siamo ormai abituati a sentirci dire sempre la stessa frase dal negoziante che lo ha venduto: “Le conviene comprarlo nuovo“. Una strada senza via d’uscita, dietro la quale si nasconde il trucco dello spreco e dell’acquisto compulsivo. Inutile. Adesso la tendenza è girata e grazie al volano della Rete si moltiplicano i luoghi dove è possibile aggiustare gli oggetti e non gettarli.

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Nelle più importanti città americane si celebrano iFixers Collective: si tratta di raduni mensili, itineranti, dove è possibile presentarsi con un computer o un cellulare fuori uso e ripararlo. Stessa cosa avviene al Bower Reuse and Repair di Sidney. In Inghilterra, due soci, Janet Gunter e Ugo Vallauri, hannno creato un network nazionale ispirato al motto “Repair, dont’despair“. Ripara, non disperare. Anche in questo caso gli incontri sono itineranti, molto annunciati sul web e sulla stampa locale, ma i due soci hanno fatto un passo avanti rispetto al modello americano. Hanno creato un siuto www.thestartproject.org, dove annunciano tutte le loro iniziative nel Paese. Il prossimo traguardo sarà quello di trasformarlo in una vera piattaforma online che mette in collegamento luoghi e persone che si occupano di riparazioni. E in Italia? Anche da noi si moltiplicano le iniziative locali a favore delle riparazioni antispreco, e il sito che vi suggeriamo è www.iriparo.com che contiene una mappa geografica, regione per regione, con i punti ai quali rivolgersi per sistemare computer, telefonini e cellulari.

Un pensiero su “Riparare: la nuova moda globale

  1. Frida Doveil

    La gente che lavora per la gente. E il design lavora per la gente? Riparare non può restare un fatto di costume o una esigenza che viene dal basso. Riparabile? deve essere anche un interrogativo di progetto, che riguarda i designer e le aziende. E se questo interrogativo riesce a coinvolgere il tema della qualità industriale forse qualcosa può mettersi in moto. Qualche industriale visionario, con la stoffa degli anni del dopoguerra, ci sta almeno pensando. Sperem….

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