La prima volta che ho letto La nausea avevo quindici anni e e` stata una lettura sconvolgente.
Era l’eta` in cui gli adolescenti, mezzo secolo fa, leggevano moltissimo, soprattutto i classici del romanzo dell’Ottocento, i russi e francesi, inglesi e americani, attraverso i quali si aprivano alla conoscenza della varieta` del mondo e dei segreti dell’animo umano. La lettura di Sartre, di cui ignoravo il pensiero filosofico, fu per me allora uno choc frontale. In un solo colpo tutte le certezze che avevo accumulato attraverso quelle letture e attraverso il mio vissuto erano saltate, si erano rivelate inconsistenti, avevano perso di valore e di significato. L’affermazione che un libro puo` cambiare la vita e` retorica e generica, ma esistono certamente letture che lasciano un segno e cambiano, se non la vita, l’angolazione da cui si puo` considerarla.
La mia identificazione nel percorso del protagonista della Nausea aveva messo in discussione ogni cosa, la percezione della realta`, l’autenticita` delle sensazioni e dei sentimenti, la presenza nel mondo,
il significato stesso dell’esistenza, divenuta inconcepibile, gratuita, assurda. L’effetto su di me non era stato pero` negativo, di rinuncia e di sconforto, ma liberatorio e duraturo di apertura, di disponibilita`, di accettazione disincantata delle cose del mondo e della vita.
La tabula rasa coinvolgeva anche il rapporto tra le parole e le cose, e mi e` stata certamente utile sul piano della scrittura in cui cominciavo a avventurarmi. Quando mi e` capitato di rileggerlo, dopo di allora, ho sempre avuto l’impressione che non avesse perduto la sua vitale carica esplosiva.
pubblicato per gentile concessione di Longanesi, tratto da I libri ti cambiano la vita. Cento scrittori raccontano cento capolavori, a cura di Romano Montroni.