Cinque o sei anni fa ho letto A sangue freddo di Truman Capote. E’ un capolavoro, mi si “ripropone” mentalmente spesso. Come se tra lettore e romanzo “giornalistico” si fosse creata una sorta di legame. Ho letto altri romanzi anche osannati dalla critica come Piperno o baciati dalle vendite come quello di Paolo Giordano ma… nel frattempo sono finiti nel dimenticatoio. La domanda è: perché alcuni romanzi “innaffiano” il nostro essere ed altri ci scivolano via come acqua su un impermeabile cerato?
Credo per “affinità elettive” come tra le persone. Alcune le “sentiamo” di più di altre e leggendo un autore che sentiamo si attivano aree cerebrali che, una volta sollecitate, rimangono in stand-by nella nostra mente. Se l’impatto è superficialmente intellettuale il portato tende a “scorrere” via. Non saprei dire dove. Parere personale. Sinteticamente lei che ne pensa?
“Sinteticamente” penso che nel romanzo sia importante la struttura, è quella che getta le basi per il futuro ricordo! Ed è importante sì l’empatia. Io assomiglio molto ad Alfonso Nittis di Una vita di Italo Svevo 🙂
Bello il gioco dei personaggi! Io mi paragono alla “Signora delle camelie” o, nei giorni pari, (cioè armoniosi), alla mamma di Pippi calzelunghe.
Ma che fine ha fatto la mamma di Pippi Calzelunghe?
Mi dicono sia tutta intenta a calcolare la radice quadrata del numero di petali di un campo di papaveri…che scherzi fa il caldo, però!
La verità non sta purtroppo nell’affinità fra scrittore e lettore,ma nella sostanza. Mentre Capote era un autentico scrittore in tutte le sue declinazioni,provare per credere leggendo i suoi racconti brevi,Piperno e soprattutto Giordano,sono dei principianti che scribacchiano trame esili con stili da scuola Holden,absit iniuria verbis!, che lasciano il tempo che trovano. Vanno bene,come tutti i romanzi contemporanei,per passare qualche pomeriggio,per distrarci con una trama più o meno azzeccata.Nulla più. Talvolta guardo la mia biblioteca cercando di ricordare la trama di libri letti e faccio difficoltà. Non essendo ancora arteriosclerotico,la risposta è che la sostanza non mi ha colpito,non c’era.
Concordo in tutto vronskj. Su Capote: un grande solo forse ha raccontato anche un tempo già di per sé interessante. Raccontare il presente oggi mi sembra difficilissimo. E infatti da quanto tempo è che non esce, parlo dell’Italia un romanzo davvero “importante”? L’editoria poi come sta?
Mi scuso per il mio precedente e solito commento naive. E’ interessante leggere chi legge e riflette più di me. Sempre dal mio punto di vista l’editoria è malata terminale, purtroppo. L’ultimo romanzo importante italiano? Mi son fatta un giro sulle mie mensole, per me Horcynus orca di D’Arrigo però era il ’75, ma quanto è stato capito ed apprezzato? Secondo me non quanto merita. E di Umberto Eco e la sua sontuosa creatività ne vogliamo parlare?
Di Eco prediligo la saggistica. Dopo “Il nome della Rosa” e “Il pendolo di Foucault”, mi sembra che abbia tentato di barare un po’, accorpando in abili pastiches tutto la sua sapienza accademica. Tempo fa,su consiglio di non so più chi,qui sul blog, ho cominciato a leggere gli autori sardi. Attualmente sono alle prese con “Stirpe” e “Nel tempo di mezzo” di Marcello Fois. Ecco finalmente una scrittura corposa,che lascia il segno.